PARIGI CITTA’ D’ACQUA/
UNA CITTA’ FLUVIALE
La Senna e lo sviluppo della città
Già al tempo dei romani Parigi era un porto mercantile e
fluviale, con dei piccoli centri abitati lungo le sponde del fiume e sulle
isolette al centro della corrente. Questi piccoli centri si sono poi
trasformati in una città in continua crescita. Bisogna dire che, in passato, la
Senna, la cui sorgente si trova nella foresta di Chanceaux, a circa 500
metri di altitudine, scorreva in un letto diverso da quello di oggi. Il fiume
era più ampio e arrivava a lambire le colline dove oggi ci sono i quartieri di
Belleville, di Montmartre e di Ménilmontant, formando numerosi meandri. Il
letto del fiume si era creato lentamente lungo le fenditure del terziario, e
aveva portato con sé sabbia, ciottoli e limo, depositatisi lungo le rive.
Queste sono state in seguito rimodellate e addomesticate, con la creazione di
molti punti d’attracco per la navigazione commerciale e con gli argini in
muratura. Oggi, la Senna è addirittura attraversata dai binari del metro, sopra
e sotto di essa, è costeggiata dalle strade ampie per il traffico
automobilistico e da quelle riservate ai pedoni. Queste modifiche, operate nei
secoli, hanno molto allentatole le relazioni fra gli abitanti e l’acqua. Oggi
l’uomo non dipende più come in passato dalle risorse offerte dal fiume e il
lavoro dei pescatori, dei marinai e dei mugnai è scomparso o, come nel caso dei
marinai, è molto cambiato.
Nei secoli, la città è
cresciuta a strati, come una cipolla, sulla riva destra e sulla riva sinistra.
Il nucleo primitivo comprendeva la prefettura di Polizia, il palazzo di
Giustizia, Notre-Dame e l’Hôtel-Dieu. Man mano che questo nucleo si espandeva
la sua cerchia di mura è diventata più ampia.
È stato a partire dal
Medioevo che questo spazio è stato più intensamente colonizzato. Sono stati
costruiti mulini, ponti, opere di fortificazione e di difesa delle città.
Queste strutture hanno provocato delle grandi modifiche dello spazio fluviale e
della dinamica delle acque e, in occasione delle piene, si verificavano delle
colmate, delle erosioni e il crollo dei ponti stessi.
I battelli, per la maggior
parte portati dalla corrente, erano carichi di legno, grano, vino, carbone.
C’erano anche degli
stabilimenti termali, come quello di Passy, molto animato soprattutto in
estate. È lì che una lettiga ha portato Benjamin Franklin malato, dall’hotel de
Valentinois, per farlo imbarcare per Le Havre e poi per gli Stati Uniti. Sotto
il Secondo Impero, infatti, un servizio di battelli a vapore partono dal quai
du Louvre per Rouen e per Le Havre. È in questo modo che dei piccoli paesi come
Point de Jour sono diventati dei punti di sbarco anche dei bateaux mouches di
Parigi, che da Suresnes fino a Charenton, su quaranta chilometri e con
quarantasette scali, trasportavano ogni anno da dieci a venti milioni di
parigini. Fino al 1934 la tariffa sui dodici chilometri era di dieci centesimi
nei giorni feriali, il doppio la domenica, fra le proteste della popolazione e
di alcuni deputati, che la definivano una tassa sul divertimento e sul
benessere della gente.
Tutto questo è durato fino all’arrivo della metropolitana,
che ha condannato a morte il trasporto fluviale. Oggi, purtroppo, rimane solo
un’eco di quel tempo.
La Senna nei secoli
La città di Parigi si trova
al centro di un bacino fluviale posto all’incrocio delle vie di terra e
d’acqua, si trova nel punto di convergenza di tanti affluenti importanti.
Queste vie d’acqua rappresentavano un ostacolo e, prima
della creazione delle infrastrutture fisse, i guadi rappresentavano l’unica
possibilità di superarli. Uno dei guadi sulla Senna si trovava all’altezza di
place de Grève. In quel punto il fondo del fiume è caratterizzato da una
profondità limitata. È qui che
convergevano gli uomini e gli animali per passare dall’altra parte. In
corrispondenza di questi punti l’argine veniva spianato per facilitare la
discesa nell’acqua e la risalita. Naturalmente, nei fiumi di una certa portata,
l’attraversamento poteva essere effettuato solo nei periodi di magra. Erano
quindi questi periodi a determinare i periodi dei viaggi e, di conseguenza,
anche la storia della città e della struttura del nocciolo urbano.
Quando si è cominciato ad avere a disposizione i traghetti,
che navigavano trasversalmente, le possibilità non solo di passare da una riva
all’altra, ma anche di trasportare cose e animali, sono aumentate.
Più tardi, si sono costruiti i ponti, che dapprima erano
delle semplici passerelle di legno, a volte smontabili,
costeggiate di piccole case, in ogni caso di breve durata. Spesso erano
distrutti da incendi, a volte doloi, come era successo nel 1739.
Essi poggiavano su di una struttura in muratura costruita
sulle rive. Dopo le passerelle smontabili, ci sono stati i ponti edificati su
dei pali. Anche questi non erano di grande durata. Si è dovuti arrivare ai
ponti di pietra perché questi durassero di più. Essi però erano costosi e spesso
i soldi non bastavano. I ponti avevano una lunghezza di 15-20 metri e delle
fondamenta molto solide. Poggiavano su dei pilastri al centro della corrente,
che purtroppo formavano uno sbarramento in caso di piena. Ma grazie allo
svluppo tecnologico e al progresso della metallurgia, erano state create delle
dighe mobili, delle chiuse che mantenevano costante il livello dell’acqua, a
cui contribuiva anche la rete di canalizzazione. Prima i giorni in cui la Senna
era navigabile erano circa centocinquanta all’anno, dopo erano la quasi
totalità. Questo ha portato a una trasformazione profonda dell’ambiente
fluviale, a una trasformazione dei rapporti fra la città e il fiume.
Poi, sotto il regno di Napoleone III, sono cominciate le
grandi realizzazioni. È stata creata la navigazione transurbana dei battelli e
delle chiatte e questo ha permesso lo sviluppo della cintura industriale lungo
le rive e ha favorito l’arrivo delle materie prime provenienti dal centro della
Francia. Poi sono stati costruiti i porti e i lungofiume, dando alla Senna
l’aspetto che conosciamo ancora oggi.
La
Senna del lavoro
Fino alla fine del Seicento, le rive della Senna, che oggi
vediamo così tranquille, erano popolate di lavoratori: conciatori, tintori,
scorticatoi… Accanto alle sponde, dentro all’acqua, c’erano i mulini, costruiti
su palafitte. A volte si sceglieva di collocarli in un braccio del grande
fiume, dove la corrente era più forte. Un meccanismo permetteva di regolare
l’altezza della ruota, a seconda del livello dell’acqua. I mulini
avevano cominciato la loro attività nel 1300.
Allora il bordo di place de la Grêve formava una grande ansa
rientrante con la riva erosa. I mulini erano alle estremità dell’ansa e
appartenevano all’ordine dei Templari. Erano costituiti da due ruote idrauliche
poste in un edificio munito di tettoia. L’ordine era stato fondato nel 1119 e
la loro sede era di fronte alla chiesa Saint-Jean-en-Grève. Era dalla fine del
XIII secolo che i Templari possedevano dei mulini, che hanno funzionato per tre
secoli. Poi, nel 1565 sono stati demoliti perché intralciavano la navigazione e
impedivano lo scarico delle merci. Avevano anche fatto costruire un porto sul
greto e un granaio. È stato sull’estremità a valle dell’isola della Cité che
Jacques de Molay, ultimo gran maestro dell’ordine, è stato bruciato vivo nel
1314
Al tempo di Enrico IV ai
ponti erano state attaccate delle pompe idrauliche, che battevano
l’acqua con le loro ruote a pale. Sui bateaux-lavoirs, delle vere città
galleggianti, c’erano le lavandaie che battevano i panni cantando.
Al tempo di Luigi XVI sono
stati creati i bagni galleggianti e, durante il Secondo Impero, hanno
incominciato a sorgere le scuole di nuoto.
Il fiume, dunque, ha sempre avuto un posto importante nella
vita economica della città, non solo perché ci transitavano le marci, ma per
tutte le attività a cui dava origine. Vi lavoravano i marinai, gli addetti ai
cavalli da trasposto, gli scaricatori, gli esattori delle tasse, gli addetti
alla manutenzione delle rive e del fondo del fiume, i carpentieri, i
costruttori, gli albergatori, i mercanti e molti altri.
I battelli trainati da cavalli, dotati anche di uno spazio
per i passeggeri, coperti da un tetto di forma arrotondata sopra il quale
venivano appoggiati i bagagli, hanno fatto servizio a lungo sul fiume. Quando
il viaggio durava più giorni, i passeggeri avevano a disposizione degli hotel
sulle rive, nei quali sostare per mangiare e dormire. Verso il 1820 hanno
cominciato a entrare in servizio i battelli a vapore con le ruote a pale, che
hanno rapidamente sostituito i precedenti. Con l’arrivo delle barche a motore
la navigazione sulla Senna è cambiata. Fino ad allora i porti nella zona
urbana, lunghi circa un chilometro, consistevano in un leggero pendio del
greto, dove le merci venivano scaricate su di una semplice tavola. C’erano
anche dei carri che entravano in acqua fino a essere all’altezza del
capodibanda. Le imbarcazioni si mettevano in coda, in attesa di essere
scaricate. Gli incaricati sorvegliavano le operazioni di scarico, il calcolo
del peso, la definizione del prezzo di vendita, il pagamento delle tasse...
L’andirivieni di uomini e mezzi era continuo e la confusione era tremenda, nel
rumore e nel fumo dei motori rombanti. I punti accessibili ai battelli erano
suddivisi a seconda delle merci che vi venivano scaricate. C’erano quelli per
la legna da ardere, i mattoni, il fieno, le pietre, il ferro, il carbone, i
prodotti alimentari e altro. Questa suddivisione, oltre a facilitare il
trasporto delle merci in città, preveniva il pericolo di incidenti, tenendo
separate ad esempio le materie combustibili dalle possibili cause di incendio.
Oltre a essere un’arteria
importante per il trasporto delle persone e delle merci, la Senna era anche una
riserva d’acqua e di cibo. Essa ha sempre fornito l’acqua e anche il pesce. Nel
1530 Francesco I aveva fissato una tassa ‘di sei oboli’ sul ricavato dalla
vendita del tonno, dello sgombro e del pesce in salamoia.
Sul braccio Notre-Dame c’era un mercato del pesce vivo, le
sue acque più fredde e più pure erano favorevoli a quel tipo di vendita. I
pesci venivano imprigionati a migliaia nello scafo dei battelli, provvisto di
buchi per permettere il passaggio dell’acqua e in questo modo conservarli in
vita. Sui battelli c’erano cartelli con il prezzo del pesce. Ad esempio, vi si
vedeva scritto: ‘una carpa cinque soldi’. Dalla metà dell’800, in questo luogo
è stato collocato anche un mercato galleggiante, che è rimasto attivo fino alla
Prima Guerra Mondiale. Era molto famoso ed è stato ritratto da molti pittori e
fotografi. Nel mercato galleggiante veniva venduto anche il
carbone di legna, usato per cucinare nelle case dei ricchi e per scaldarsi
nelle case dei poveri. Ogni addetto al trasporto del carbone a domicilio aveva
un soprannome, con cui veniva identificato.
Dall’Auvergne veniva portato un combustibile detto charbon
de terre con dei battelli leggeri, di poco prezzo, che, una volta consegnato il
carico, venivano distrutti.
Le rive della Senna hanno subito diverse modifiche nel corso
degli anni. Su di esse, oltre ai mulini e alle pompe, sorgevano anche delle
fortificazioni. Sulla riva destra, ad esempio c’era la torre Barbeau, su quella
sinistra c’era la torre Tournelle. La prima era di forma rotonda, costruita con
pietra da taglio a cui era fissato un
perno girevole che, quando serviva, permetteva di tenere tesa una catena che
attraversava il fiume per difendere la città. Le fortificazioni hanno avuto un
ruolo determinante nell’insediamento e nella difesa delle zone portuali.
L’utilizzo di mezzi naturali per l’alaggio – la forza umana
e animale, il vento, la corrente – ha avuto un’influenza determinante
sull’orientamento dei traffici commerciali e sullo sviluppo delle zone di
produzione. La necessità di risalire la corrente incideva pesantemente sul
prezzo delle merci trasportate dalle zone a valle della città. Quelle situate
a monte, invece, sfruttavano la corrente
del fiume per il traffico discendente. Questa situazione ha dato origine a una
differenziazione nelle attività artigianali e commerciali e la struttura della
città creatasi allora è riflessa ancora oggi nelle diverse aree. A partire dal
1800 Parigi si è estesa soprattutto
nella parte occidentale, per questo le costruzioni in quella direzione sono più
moderne. In quelle nella parte est, invece, si sovrappongono gli strati di un
passato anche remoto. Il cambiamento della vita lungo il fiume e sopra di esso
è proseguito senza soste. I mulini ad acqua sono stati abbattuti, le case sui
ponti sono state smantellate, i mercati rivieraschi sono spariti, i depositi di
merci e materiali sono stati rasi al suolo per essere rimpiazzati da palazzi,
le sponde fangose sono state ricoperte di pietre su cui passeggiare… E
l’industria del trasporto fluviale, a lungo senza concorrenza, a poco a poco è
stata soppiantata dal trasporto ferroviario…
La Senna ha subito dei lavori di dragaggio, di
consolidamento degli argini, di regolazione del suo corso per mezzo di dighe
che hanno soggiogato la corrente e ammansito le numerose piene minacciose. Si
parla molto di quella del 1910, ma fra il 1733 e il 1882, la Senna ha
conosciuto trentuno piene ordinarie, con una massa d’acqua alta sei metri,
dodici piene straordinarie, con l’acqua al di sopra di quel livello e due piene
eccezionali, con l’acqua al di sopra dei sette metri.
Il flusso d’acqua variava nel corso dell’anno, soprattutto
nei punti in cui c’erano gli affluenti. Per chi viveva sulle rive e aveva
un’attività legata all’acqua, questa variazione costituiva una preoccupazione.
Per stabilire di quale tipo di piena si trattasse, sulle pietre dei ponti erano
incise delle tacche. Una di queste scale con i segni si
trovava sul ponte de la Tournelle. Quando c’era l’acqua alta, era impossibile
l’alaggio, quando c’era l’acqua bassa, era impossibile la navigazione.
Le piene hanno causato, di volta in volta, il crollo di
ponti e la distruzione delle rive. Quando il letto del fiume era più ampio,
l’acqua si spandeva nelle paludi e nei meandri circostanti. Intorno al fiume
infatti c’era una cintura paludosa. Poichè la riva sinistra era meno paludosa,
è stata la prima a essere edificata. Poi il drenaggio delle acque e il loro
incanalamento hanno permesso la costruzione di edifici anche sulla riva destra.
Una delle prime notizie su una piena ci viene
dall’imperatore Giuliano l’Apostata, che si trovava a Parigi nel 358. Egli
racconta che, mentre si trovava un inverno a Lutèce – con questo nome si
indicava allora l’île de la Cité – c’era stata una piena di grande violenza,
che portava via dei blocchi di ghiaccio come se fossero dei sassolini. Gregorio
di Tours, nel 582, racconta di un’inondazione catastrofica avvenuta quell’anno,
nella zona della basilica Saint-Laurent, dove oggi c’è la Gare de l’Est. Era
domenica, le campane suonavano, la gente si radunava sul piazzale per la messa,
quando il corso d’acqua ha debordato provocando una catastrofe. L’autore
anonimo della ‘Vita di Santa Genoveffa’ racconta invece che nell’814 Dio ha
voluto punire gli abitanti della città mandando un’inondazione ma vista prima.
Poi ce n’è stata un’altra nell’886, che
ha portato via il Petit-Pont e ne ha sparso i detriti nella pianura
circostante. Da allora ce ne sono state una decina fino al 1185, quando,
secondo il racconto dello storico del 1100 Orderic Vital, la devastazione della
città è stata tale che molti edifici sono stati abbattuti dai flutti. Nel 1196
le acque sono salite fino allo stallo del bordo esterno di Notre-Dame, portando
con sé i ponti. I fedeli allora si sono inginocchiati a pregare, poi hanno
portato in processione la corona di spine di Gesù e uno dei chiodi della sua
croce chiedendo la grazia di ritirare le acque. In occasione della piena del
1197 il re Filippo-Augusto ha abbandonato il suo palazzo sull’isola de la Cité
e si è rifugiato nell’abbazia di Sainte-Geneviève, sulla collina.
Nel 1312, sul luogo dell’attuale quai de Conti si era
costruito il primo lungofiume in pietra da taglio, per ordine del re Filippo il
Bello.Vicino all’attuale quai de la Megisserie, nell’area detta ‘valle della
Miseria’, c’era un pilastro con l’immagine della Vergine dei Sette Dolori, con
una scritta che ricordava l’inondazione del 7 gennaio del 1496. Quella del
gennaio del 1499 ha causato il crollo del ponte di Notre-Dame e delle sessantacinque
case costruite sopra.
La piena del 1595 ha dato origine addirittura a un’epidemia,
perché le fognature erano rifluite nelle strade, Per risolvere il problema
delle inondazioni, gli ingegneri hanno provveduto a progettare dei canali di
derivazione, i cui tracciati cambiavano ulteriormente l’aspetto della Senna. E,
a proposito di cambiamenti, nel 1614 l’isola di Notre-Dame e quella aux Vaches
si sono unite, formando l’isola di Saint-Louis.
Una delle cause delle inondazioni era anche il rapido
disgelo. È il caso di quelle del febbraio e del marzo del 1658. Nel muro del
chiostro dei Celestini, accanto al ponte della Tournelle, c’era una targa con
una linea orizzontale e la scritta in latino: ‘Anno 1658 mense februario
Exundantis Sequanae fluctus hic’. Era stata la prima piena che sia stata
registrata per scritto. L’inondazione del 7 dicembre del 1740 ha raggiunto gli
otto metri di altezza e si è prolungata per due mesi. Il giorno di Natale di
quell’anno gli abitanti, rifugiatisi come potevano ai piani superiori delle
case, si spostavano in barca per le strade. Nel 1799, eer risolvere un problema
che si ripresentava spesso, Napoleone aveva proposto la costruzione di due
dighe per contenere l’acqua. Poi, dal 1854, è stato possibile prevederle con
due o tre giorni di anticipo, ma questo non era sufficiente. Durante la piena
prevista, del 25 dicembre del 1879, con una temperatura di –23°, il fiume ha
trasportato a valle, a grande velocità, degli enormi pezzi di ghiaccio, dei
tronchi, delle barche e altri oggetti, che si fracassavano contro i pilastri
dei ponti, danneggiandoli. Sono anche tornate le epidemie, di tifo e di colera,
causate dall’uso di acqua contaminata. I vecchi ponti sono stati demoliti, se
ne sono costruiti di nuovi, con le arcate più ampie, con le rive trasformate
dai lavori di terrazzamento, di dragaggio e di installazione di sbarramenti
mobili sui canali.
La piena del 20 gennaio del 1910 è la più conosciuta. I
fotografi hanno immortalato l’acqua che aveva invaso le gallerie del metro e i
locali sotterranei del Palazzo di Giustizia. Anche il traffico in superficie si
era fermato, i telefoni non funzionavano, nelle strade si aprivano delle
voragini che inghiottivano uomini e animali. Tutte le imbarcazioni erano state
requisite e altre erano state fatte arrivare da fuori. Chi era rimasto senza
casa veniva ospitato nelle scuole.
(DIVERSE FOTO ALLINEATE DELLA PIENA DEL 1910 PER CHIUDERE IL PARAGRAFO)
La
canalizzazione di Parigi e della Senna
Il superamento
dell’ostacolo rappresentato dal letto del fiume è sempre stata una
preoccupazione sin dall’antichità. La prima misura è stata quella di creare dei
guadi, poi di mettere in funzione un servizio di traghetti, infine quella di
aprire dei ponti. Nel 1820 l’ingegnere Poirée aveva creato un sistema di dighe
mobili e di chiuse, per mantenere l’acqua a un’altezza costante. In questo
modo, quando il livello del fiume aumentava, si toglieva una parte dello
sbarramento per lasciar scorrere l’eccesso d’acqua nei canali che nel frattempo
erano stati aperti. I canali permettevano anche l’accesso in città delle
chiatte piene di materiali e merci. L’attività aveva trasformato il quai des
Augustins in un quartiere ‘portuale’, con dei caffè per marinai e con degli
uffici per noleggiatori. L’opera di canalizzazione aveva incluso anche gli
affluenti della Marna e dell’Oise e, alla fine dei lavori, Parigi si è
ritrovata al centro di una rete di vie d’acqua.
Verso la fine del XIX
secolo, su queste vie d’acqua erano in navigazione più di dodicimila
imbarcazioni cariche di materiale e trainate da un rimorchiatore dotato di una
potente macchina a vapore con un’elica. Esso tirava dietro di sé un certo
numero di battelli assicurati a un cavo. Il Grand Bras aveva dovuto essere
sventrato per far passare le grandi chiatte. Poiché in quel periodo nella
capitale si costruivano circa un milione di case all’anno, esse trasportavano
molto materiale da costruzione. Le pietre da taglio, le pietre molari, la
calce, il gesso e la sabbia formavano dei mucchi enormi sugli argini del
fiume.
In occasione della prima Esposizione universale del 1867
erano anche entrati in funzione i battelli a elica, che raggiungevano la
velocità di 16 chilometri all’ora. L’aumento del traffico ha determinato
l’urbanizzazione del fiume, così, man mano, sono stati costruiti o aggiunti dei
muri di sostegno, delle piattaforme con le rampe, delle scalinate, delle
balaustrate, dei parapetti… Nel 1885, anno di un’Esposizione universale, sono
stati trasportati sedici milioni di passeggeri dall’Ecole militaire, a les
Invalides, a place de la Concorde e agli Champs-Elysées.
E’ anche grazie alle Esposizioni universali se oggi,
solcando la Senna, si attraversa un panorama cronologico unico al mondo, dato
che essa era l’asse principale della mostra e i padiglioni erano installati
sulle sue rive. E’ in quell’occasione che è stato costruito il ponte Alessandro
III, pieno di decorazioni, oltre al Grand Palais e al Petit Palais sugli
Champs-Elysées. L’Esposizione del 1937 era dedicata alle arti e alla tecnica
applicate alla vita moderna. Quell’anno è stato ingrandito il ponte di Iéna ed
è stato creato il museo d’Arte moderna.
Lo sviluppo industriale del dopoguerra ha favorito la
costruzione di edifici alti lungo le rive, che, in certi punti, fanno
somigliare Parigi a una piccola Manhattan. Il porto di Javel è stato
trasformato in un porto di materiali da costruzione e vi si sono installate
delle fabbriche di cemento. E nei sobborghi a valle è anche sorta una larga striscia
industriale, con gli edifici del Gas, dell’Elettricità e delle fabbriche di
auto.
Esperimenti
curiosi (RIQUADRO COLORATO)
Per secoli, la Senna è
stata teatro di ogni sorta di esperimenti, a cominciare – e non c’è da stupirsi
– da quelli con il giubbotto di salvataggio, che all’epoca era chiamato
gilet di nuoto. La sua invenzione si deve all’abate Jean-Baptiste de la
Chapelle, che lo ha realizzato nel 1765.
L’abate era un traduttore di libri di medicina, era autore
di un trattato sul ventriloquio e di uno sull’arte di comunicare. Ha fatto lui
stesso una dimostrazione pubblica con indosso il suo giubbotto. Galleggiando
sulle acque della Senna mangiava, beveva e leggeva in tutta tranquillità. Ha
poi ripetuto l’esperimento alla presenza del re, ma è stato travolto dalla
corrente e il re non lo ha neanche.visto.
Il 9 agosto del 1803, sull’attuale avenue de New York nel
XVI arrondissement, l’ingegnere americano Robert Fulton ha organizzato
il primo tentativo di navigazione a vapore sulla Senna. A quel tempo, il porto
di Parigi era importante e ogni giorno molte chiatte e battelli trasportavano
passeggeri e merci sul fiume. Il traffico fluviale era intenso e sulle rive
continuavano a sorgere nuovi moli e banchine. Il suo battello con due ruote
posate su un essieu, dietro le quali sta una specie di pentola à tuyau non ha
successo e Napoleone lo considera addirittura un impostore.
Bisognerà aspettare il 1829 perché la marina francese abbia
il suo primo battello a vapore, lo Sphinx. Il 5 luglio del 1830 esso
porterà in Francia la notizia della conquista di Algeri e tre anni dopo
trasporterà l’obelisco di piazza della Concordia.da Luxor a Parigi. ( cercare: Service des Phares et Balises,
con lanterna sopra Musée de la Marine)
La Senna del
divertimento e del turismo
Il ruolo di trasporto di carichi pesanti che la Senna ha
avuto nella storia ha perso progressivamente di importanza. Lo sviluppo dei
mezzi di trasporto terrestri ha fatto sì che oggi i rapporti della città con il
fiume non siano più così stretti come in passato. Vi si svolge ancora, in
piccola misura, il trasporto pesante, ma la rete di canali non è più utilizzata
per quello, lo è maggiormente a scopi turistici e nel tempo libero. La
navigazione da diporto sta prendendo sempre più voga, le famiglie affittano
battelli per i giorni di vacanza.
La Senna è diventata un asse importante dei percorsi di visita
perché permette di veder sfilare davanti ai propri occhi alcuni dei monumenti
più importanti della città. All’inizio del XVIII secolo i bateaux mouches erano
delle piccole barche progettate per il trasporto merci. Erano state chiamate
così perché il cantiere dove venivano costruite, il Felizate, si trovava nel
quartiere Mouche di Lione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, un imprenditore ha
creato una compagnia di crociere sulla Senna con questo nome. Da allora l’idea
di un tour sul fiume è diventata popolare e la dozzina di bateaux mouches in
servizio ha traghettato più di 100 milioni di passeggeri. È particolarmente
bella la cosiddetta crociera romantica, che si effettua al calar della sera e
che parte dal quai Montebello, davanti a Notre Dame. Per chi vuole
consumare la cena a bordo, ci sono i battelli-ristorante che propongono dei
menu allettanti, da far venire l’acquolina in bocca. Altri propongono dei
concerti, degli spettacoli e anche delle mostre, sullo sfondo di un decor
pittoresco o esotico.
Oltre ai bateaux-mouches ci
sono i beteaubus, comodi perché si può salire e scendere lungo il percorso a
proprio piacimento. Sui battelli, inoltre, mentre si sorseggia un aperitivo si
può assistere a uno spettacolo di magia, oppure, si può ascoltare in sottofondo
un concerto di Charlie Parker mentre si passa lentamente davanti a Notre-Dame, sbocconcellando
una crêpe. Chi vuole essere sull’acqua, ma senza muoversi, può immergersi
nell’atmosfera esotica della giunca cinese ormeggiata ai piedi della
Bibliothèque Nationale o bere un bicchiere su di uno dei tre chioschi
galleggianti, superstiti della laguna di Venezia degli anni ’20 del Novecento.
O può lasciarsi sedurre dal Batofar, uno dei vecchi battelli-faro galleggianti
che un tempo segnalavano ai naviganti la presenza di banchi di sabbia.
Sui bordi del fiume – Paris
Plage In estate alcuni tratti del lungofiume sulla riva destra della Senna
vengono chiusi per creare Paris plage, una spiaggia creata con della sabbia
portata dal mare, attrezzata di caffè, di cabine, di ombrelloni e di sdraio. La
morbida sabbia, lo stridio dei gabbiani, lo sciabordare dell’acqua,
l’ondeggiare delle palme alla brezza leggera… danno l’impressione di essere
alle Seichelles, anziché nel centro di Parigi. La sera si può stare fino a
tardi, c’è la musica dal vivo, naturalmente gratuita, e ci sono gli spettacoli.
C’è persino una biblioteca. Paris Plage è sulla voie Georges-Pompidou, sul quai
de l’Hôtel-de-Ville, intorno alla piscina Josephine Baker e al bacino della
Villette
L’Opéra sulla Senna – Sulla chiatta ormeggiata di fronte al numero 46 del
quai de la Loire, nel XIX arrondissement, vicino al métro Laumière, dal 1982
hanno luogo degli spettacoli musicali. Cullati dal dondolio, si può assistere a
un’opera buffa, a un concerto di musica da camera, a una commedia musicale, a
una cantata… E non ci si va di sicuro con l’abito da sera, come si andrebbe
all’Opéra Garnier. L’atmosfera è informale, i prezzi sono moderati e si può
bere qualcosa mentre si commenta lo spettacolo con gli amici o con gli altri
avventori. La domenica mattina c’è uno spettacolo musicale per famiglie. Dopo
aver fatto colazione con cappuccino e croissant, ci si siede ad ascoltare uno
spettacolo musicale. I bambini in prticolare asono affascinati dal trovarsi su
di una chiatta ad ascoltare musica…
Una notte sulla Senna – Si chiama Nuit sur la Seine e, per chi vuole offrirsi
la possibilità di una notte a bordo di un’imbarcazione, si tratta di
un’esperienza piacevole. Si è lontani dal rumore e dall’agitazione, cullati
dallo sciabordio del fiume, e nello stesso tempo si è al centro della capitale.
Le camere sono situate nelle cabine e sono confortevoli. Nella bella stagione
si può fare colazione sul ponte. È davvero un’esperienza indimenticabile!
Corsi di tango – L’appuntamento dei tangueros sui
bordi della Senna è un classico dell’estate. I luoghi sono diversi, uno è ai
piedi dell’Institut du monde arabe e dell’università Jussieu, un altro nel
parco Tino-Rossi disseminato di sculture. Ovunque si gode di una vista
magnifica sulla Senna, sui suoi bracci che si dividono, sulle sue isole. Ci si
può dare appuntamento, fare pic nic, ascoltare la musica guardando gli altri
ballare o partecipando alle danze… Si imparano il tango, la salsa, la capoeira,
la milonga e delle danze folkloristiche. L’associazione che organizza le serate
e rappresenta i ballerini si chiama Paris danses en Seine. Ci sono uomini e
donne di ogni età.
Allora, che cosa aspettate a
scegliere una di queste possibilità?
I ponti di Parigi
Un corso d’acqua che attraversa una città rappresenta un
ostacolo che separa i quartieri che sorgono su sponde opposte. Per sormontare
questa difficoltà, per secoli sono stati in servizio i traghetti. Poi sono
stati costruiti i ponti, i primi dei quali erano di legno, piuttosto precari.
In seguito si è provveduto a costruirli in pietra. Oggi i ponti di Parigi sono
trentasette, contando anche i viadotti e le passerelle, e sono distribuiti
lungo 15 chilometri.
C’è un ponte in media ogni 400 metri e ognuno testimonia il
progresso tecnico e la scelta architettonica del tempo in cui è stato
costruito. Il più vecchio di tutti, a dispetto del nome, è il Pont Neuf.
La maggior parte dei ponti possiede anche una scala per
misurare il livello dell’acqua, nei casi di magra o di piena. La prima di
queste scale era stata installata sul pont de la Tournelle.
Pont Amont
È stato costruito nel 1969 ed è il ponte più orientale. È
lungo 270 metri ed è solo per le auto. Sui suoi 40 metri di larghezza scorrono
velocemente ben dieci file di autoveicoli nei due sensi di marcia. Passandoci
sotto si distinguono bene le due
piattaforme di cemento precompresso e i due cassoni trapezoidali su cui
poggiano.. I pilastri sono costituiti da quattro enormi fusti con delle
faccette in corrispondenza degli angoli, che formano un triangolo con la punta
in alto. Le piattaforme invece sono state costruite con l’aiuto di conci prefabbricati assemblati in aggetto, a
partire dai pilastri.
Pont National
Fino al 1870, anno della
caduta dell’Impero, il ponte era dedicato a Napoleone III. È lungo 240 metri e
largo 34 e collega il boulevard Poniatowski, sulla riva destra, al boulevard
Masséna, sulla riva sinistra. È stato costruito dagli ingegneri Couche e Petit
nel 1853, quando era stata creata la ferrovia della Petite Ceinture.
I cinque archi che lo formano misurano 35 metri ciascuno,
mentre le due campate che scavalcano i lungosenna misurano 12 metri. I timpani
degli archi sono realizzati in pietra chiara, mentre il resto dello spazio è
rivestito di pietre più piccole e di colore scuro. Si vedono anche i binari
della ferrovia della Petite Ceinture.
A monte l’opera è stata raddoppiata con un ponte di cemento
armato ricoperto di pietra.
Un tempo il ponte collegava le fortificazioni di Thiers che
sorgevano su entrambe le sponde.
Pont de Tolbiac
Il ponte porta il nome del luogo vicino a Colonia dove, nel
496, Clodoveo aveva sconfitto gli alemanni. Diventato un cristiano illustre,
egli ha fatto di Lutèce la sua capitale.
Il ponte, in muratura, è lungo 168 metri e collega rue
Joseph-Kessel, sulla riva destra, a rue Tolbiac, sulla riva sinistra. È stato
costruito nel 1882 ed è largo 20 metri. Si regge su cinque archi in muratura e
le balaustrate ai lati sono di pietra.
Nei dintorni c’è la terrasse del parco di Bercy, sul
quai omonimo, da cui si gode di una bella vista sulla Senna. Nello spazio verde
ci sono ventuno statue di bambini, opera di Rachid Khimoune. Esse simboleggiano
tutti i secoli passati e uno di quelli futuri.
Passerelle Simone de Beauvoir
Dedicata alla scrittrice femminista, autrice de Il secondo
sesso e di I mandarini, è lunga 304 metri, larga dodici, ed è stata aperta nel
2006. È riservata ai pedoni e alle bici e la sua struttura, molto originale, si
compone di due archi intrecciati, che poggiano solo sulle estremità e che le
danno l’aspetto di un nastro. Il motivo che i due archi formano al centro
ricorda un’ellisse.
La passerella è stata fabbricata in Alsazia, nelle officine
Eiffel, ha disceso il Reno, poi ha attraversato il mare del Nord e la Manica,
per risalire la Senna. È formata da archi di acciaio compresso e da catene
tese. È bello passeggiare lentamente sul suo pavimento ondulato rivestito di
quercia, passando da un livello all’altro, salendo in cima all’arco superiore
per ammirare il panorama o scendendo verso l’acqua seguendo quello inferiore,
nell’intreccio di tutti i passaggi… Per evitare le vibrazioni è stata dotata di
ammortizzatori.
Al vicino Port de la Gare
c’è un ampio spazio pedonale e nel fiume sono ormeggiate le chiatte che
ospitano dei ristoranti e degli spettacoli.
Collega il quai
de Bercy e il quai François-Mauriac.
Pont de Bercy
È lungo 175 metri e largo 41 e collega il boulevard de Bercy,
sulla riva destra, al boulevard Vincent Auriol, sulla riva sinistra. Il ponte
attuale, con le sue cinque campate in muratura, costruito nel 1864, sostituisce
quello sospeso che era stato costruito nel 1832. Esso ha un secondo livello,
formato da trentacinque archi, che è stato fatto per la linea 6 del metro. I
pignoni circolari sono sormontati da medaglioni con le corone d’alloro scolpiti
da Lavigne. Su ogni pietra posta alla sommità degli archi figura la N di
Napoleone.
Pont Charles de Gaulle
La struttura del ponte, costruito nel 1996, ha una forma
leggera e bombata e segue una linea perfettamente orizzontale, che ricorda
quella dell’ala di un aereo. Il suo colore bianco contribuisce ad aumentare
l’effetto di leggerezza.
Il ponte, lungo 207 metri e largo 35 metri, è allineato con
rue Van Gogh, sulla riva destra, e mette in collegamento la stazione ferroviaria Gare de Lyon con la Gare
d’Austerlitz. Il progetto iniziale precedeva un prolungamento del ponte sotto
forma di viadotto che scavalcasse la stazione. È il più recente dei ponti
stradali ed è formato da tre campate di ampiezza diversa. La piattaforma poggia
su due pilastri rivestiti di cemento bianco, tramite quindici barre d’acciaio
disposte a corolla. La copertura di cemento armato precompresso pesa ben
cinquemila tonnellate. Nel parapetto è incorporata una cornice luminosa.
Viaduc d’Austerlitz
Il viadotto è stato concepito dall’ingegnere Bienvenue
(dieresi sulla u) ed è stato costruito nel 1905 in soli dieci mesi. È un ponte
ferroviario usato unicamente per il traffico della linea numero 5/6? della
metropolitana, fra le stazioni Gare d’Austerlitz e Quai de la Rapée.
All’arco metallico, lungo 140 metri, è agganciata la
piattaforma, grazie a trentadue cavi distanti quasi otto metri l’uno
dall’altro.
L’autore delle numerose decorazioni e sculture in ghisa è
jean-Camille Formigé. Le strutture e i pilastri in muratura alle estremità sono
decorati anche con delle teste di toro. I contrafforti poggiano su dei cassoni
di fondazione collocati a 14 metri di profondità. Sulla riva destra, la rampa
d’accesso elicoidale a due campate con il suo raggio di curvatura di 75 metri,
è notevole sul piano tecnico.
Su di un altro viadotto detto del quai de la Rapée c’è
l’Istituto medico-legale, la morgue che un tempo accoglieva i morti annegati
nella Senna e che erano esposti al pubblico per l’identificazione.
Pont d’Austerlitz
E’ lungo 170 metri e
collega place Mazas e l’avenue Ledru Rollin, sulla riva destra, con place
Valhubert e il boulevard Vincent Auriol, sulla riva sinistra. Il primo ponte
costruito qui nel 1807 era di ghisa, ma ben presto la costruzione delle
stazioni Gare de Lyon e Gare d’Austerlitz, nonchè lo sviluppo del quartiere, lo
hanno reso inadeguato al traffico che doveva sostenere. Così, nel 1855, il
ponte è stato ricostruito con una piattaforma in muratura larga 18 metri. Per
l’appoggio esso utilizza i vecchi pilastri e le vecchie fondazioni.
Presenta cinque archi di 35
metri ciascuno. I pignoni hanno una forma circolare e i timpani sono stati
scolpiti da Hamel. La balaustrata è di pietra e alcune delle pietre provengono
dalla demolizione del ponte di Notre-Dame.
Il nome doveva commemorare la vittoria di Napoleone I
avvenuta il 2 dicembre del 1805, ma durante la Restaurazione lo si è ribattezzato
Pont du Jardin du Roi. Nell’agosto del 1944, esso è stato attraversato dalla
Divisione Leclerc impegnata nella liberazione della città
Una curiosità: nel 1823,
sotto a questo ponte, era stato pescato uno storione gigante, subito donato ai
malati dell’ospedale Salpêtrière. Le sue lische sono conservate al Museo di
storia naturale e sono esposte al pubblico.
Pont de Sully
Nella storia di Francia ci sono due Sully illustri, che se
ne contendono la paternità. Uno è il vescovo cattolico Maurice, che ha gettato
le fondamenta di Notre-Dame malgrado le obiezioni di san Bernardo, che voleva
invece spendere quei soldi per aiutare i poveri. L’altro è il protestante
Maximilien, sovrintendente di Enrico IV.
Il ponte è situato a monte dell’isola Saint-Louis e collega
il boulevard Henri IV, sulla riva destra, con il boulevard Saint-Germain, sulla
riva sinistra. Scavalca i due bracci della Senna: il braccio grande, a sud, con
tre archi, il braccio piccolo, a nord con un arco di ghisa inserito fra da due
archi in muratura. Uno di questi ultimi scavalca il quai.
Ha una larghezza di venti metri. È uno dei due ponti di
ghisa di Parigi ed è anche quello più ‘di sbieco’. I pilastri e i contrafforti
sono disposti nella direzione della corrente, mentre la piattaforma non è del
tutto perpendicolare a questa direzione.
Le tre campate sul grande braccio sono separate da pilastri
di pietra, i timpani di metallo sono eleganti e le balaustrate sono di ghisa
lavorata.
Il ponte sul braccio della riva destra è stato costruito nel
1876, l’altro due anni dopo. In precedenza le rive erano collegate da due
passerelle sospese, chiamate Damiette e Constantine, le ultime in servizio.
La punta triangolare
dell’isola Saint-Louis, a sud ovest del ponte, si chiama square Barye. Le rive
della Senna comprese fra il pont de Sully e il pont d’Iéna sono state iscritte
nel patrimonio mondiale dell’Unesco.
Nel 1957 sul ponte era stata organizzata una serata
memorabile in onore della regina Elisabetta e del principe Filippo, invitati da
René Coty, allora presidente della Repubblica.
Pont Marie
E’ lungo 92 metri, largo quasi 23 e collega rue des
Nonnains-d’Hyères, sulla riva destra, a rue des Deux-Ponts sull’isola
Saint-Louis, scavalcando il braccio nord della Senna. È uno dei ponti più
vecchi di Parigi ed è legato alla storia delle lavandaie, che venivano qui a
risciaquare la biancheria nel fiume e a farla asciugare sui tetti delle barche
ormeggiate nei pressi.
Porta il nome del costruttore Christophe Marie, che, il 19
gennaio dei 1614, alla presenza di Luigi XIII, aveva firmato un protocollo in
cui si impegnava a collegare a sue spese le isole con il quai des Célestins e
de la Tornelle, in cambio della riscossione di un pedaggio e del permesso di
costruire delle case e dei mulini.
La prima pietra è stata posata l’11 ottobre 1614 alla
presenza del re e di sua madre Maria de’ Medici e la sua costruzione ha
richiesto sedici anni. Su di esso sono state costruite anche delle case.
Purtroppo, il 1° marzo del 1658, una piena eccezionale ha fatto crollare due
archi e le case che stavano sopra, causando la morte di centoventi persone. La
struttura è stata ricostruita, ma senza le case.
Il ponte, restaurato nel 1851, è formato da quattro archi,
dei pignoni triangolari con un ‘tetto’ e delle nicchie sovrastanti vuote. Il
ponte è stato dichiarato monumento di interesse storico.
Pont Louis-Philippe
È lungo 100 metri e largo 16 e collega rue du pont
Louis-Philippe, sulla riva destra, a rue Joachim du Bellay, sull’île
Saint-Louis, scavalcando il braccio nord della Senna. È stato costruito da
Garnuchot nel 1862 per sostituire il ponte sospeso, situato un po’ più a valle,
inaugurato trent’anni prima da Luigi Filippo. Ha tre archi di 32 metri
ciascuno, i pignoni sono circolari, sormontati da occhi di bue. La balaustrata
è di pietra.
Il ponte è stato restaurato nel 1997 e da esso si può godere
di una bella veduta sul Panthéon e sulla chiesa di Saint-Etienne-du-Mont.
Il pont Louis-Philippe è uno di quelli più rappresentati nei
dipinti. Fra i pittori che lo hanno raffigurato ci sono Delacroix, Utrillo,
Poussin e Le Sueur .
Ad agosto, fra il quai Henri IV e il pont des Arts,
c’è Paris Plage, un’esperienza piacevole da fare. Tremila tonnellate
di sabbia vengono versate sulle rive, ci sono le palme, gli ombrelloni, i bar
con le bibite fresche e la musica… La sera ci sono anche dei concerti dal
vivo.
Pont de la Tournelle
Il primo ponte costruito in questo
punto era di legno, è nel 1656 che è stato costruito il primo ponte in
muratura. Quello attuale è lungo 122 metri e largo 23 ed è il prolungamento del
pont Marie e di rue des Deux-Ponts, sull’isola Saint-Louis. Li collega con rue
du Cardinal Lemoine, sulla riva sinistra, scavalcando il piccolo braccio della
Senna.
È stato costruito nel 1928 dagli
architetti Pierre e Louis Guidetti nel 1928 ed è formato da tre archi di
cemento armato rivestito di pietra. L’arco centrale misura quasi 74 metri, i
due laterali sono molto più piccoli. Insieme al pont du Carrousel, è uno dei
due fatti di cemento armato della Senna.
Sulla rive gauche, è decorato dalla
statua di Sainte Geneviève fatta da Paul Landowski. L’opera non è stata mai
molto apprezzata, a cominciare dall’inaugurazione, quando il presidente della
Repubblica, Gaston Doumergue, ha boicottato la cerimonia, il 9 luglio del 1928,
perché la trovava orrenda.
Morta ottuagenaria nel 502,
diventata santa patrona della capitale, la si implorava quando la città era
minacciata da invasioni o era sotto assedio. La si era anche messa in una teca
sulla punta dell’isola Saint-Louis.
Pont Saint-Louis
Il ponte è dedicato a San Luigi,
ovvero re Luigi IX, che aveva partecipato alla settima crociata.
Tuttavia, sarebbe più corretto parlare di ponti, al plurale,
dato che nei secoli qui se ne sono succeduti ben dieci, molti dei quali con una
storia movimentata e drammatica. Il primo, quello costruito al tempo del re di
cui porta il nome, era una passerella di legno. Era stato costruito nel 1627
ed è crollato sotto il peso di una
processione di fedeli diretti a Notre-Dame. Il secondo ponte è stato distrutto
da un incendio, il terzo e il quarto sono stati portati via da un’inondazione.
Il quinto, costruito nel 1803, è sprofondato otto anni dopo, seguito dal sesto
e dal settimo. Per quanto riguarda l’ottavo, una chiatta ne ha agganciato le
condotte del gas e dell’elettricità che passavano sotto e ha provocato uno
scoppio.
Il ponte sospeso del 1842 univa la sponda orientale
dell’isola della Cité a quella occidentale dell’isola di Saint-Louis, su cui
poggiava. Dopo la sua distruzione, il passaggio fra le due isole è stato
assicurato, a partire dal 1861, da un ponte di ghisa ad arcata unica. Il nono
era una passerella provvisoria installata nel 1941, poi sostituita, nel 1970,
dal ponte attuale, il Saint-Louis X. Questa lunga successione di ponti ha dato
origine a questo curioso indovinello:
Mon premier s’effondre,
Mon deuxième prend feu,
Mon troisième prende l’eau,
Mon quatrième boit la tasse et se noie,
Mon cinquième s’affaisse,
Mon sixième est porté disparu,
Mon septième tombe en ruine,
Mon huitième explose,
Mon neuvième est sabordé et coule.
Enfin mon dixième et mon tout vous guette… !
Qui est-ce ?*)
*Traduzione:
Il primo crolla, il secondo va a fuoco, il terzo finisce in acqua, come pure il
quarto, il quinto ha un cedimento, il sesto scompare tra i flutti, il settimo
va in rovina, l’ottavo esplode, il nono affonda, il decimo vi attende
vigile…….. Chi è?
Il ponte attuale è stato realizzato nel 1970 e ha una
campata metallica unica, molto sobria e poggia su due cassoni di fondazione. È riservato
ai pedoni che vogliono andare da un’isola all’altra, ma in casi eccezionali vi
possono passare anche le auto.
Pont d’Arcole
Il nome ricorda quello del luogo di una vittoria di
Napoleone nella cittadina omonima in Italia, contro gli austriaci, e quello del
giovane morto sul ponte durante la sommossa detta Trois Glorieuses del 27-28-29
luglio del 1830. Nell’agosto del 1944,
durante i giorni della Liberazione, i primi elementi della 2° DB, la divisione
blindata, hanno attraversato questo ponte per raggiungere la piazza dell’Hotel
de Ville.
Il ponte mette in
collegamento place de l’Hôtel-de-Ville, sulla riva destra, con rue d’Arcole,
sull’île de la Cité, scavalcando il braccio nord della Senna. È stato costruito
nel 1855 per rimpiazzare una passerella sospesa installata trent’anni prima e
chiamata passerelle de Grêve.
È formato da un’arcata unica lunga 80 metri ed è stato il
primo ponte sulla Senna di questo tipo, senza pilastri intermedi. È stato
restaurato nel 1994 e, pur essendo uno dei ponti più antichi della Francia,
esso detiene tuttora il record di campata fra i ponti di ferro dello stesso
genere.
Pont Notre-Dame
Fra Giocondo Giovanni da Verona, uno dei Frères Pontifs,
ovvero costruttori di ponti, era stato portato in Francia da Carlo VIII e aveva
risposto alla richiesta di Luigi XII di costruisce un ponte, di cui rimangono
le fondamenta, tuttora utilizzate.
Secondo quanto è scritto su di una targa che era affissa ad
una delle sue arcate e che è stata ritrovata, l’inaugurazione aveva provocato
gioia nella popolazione, che urlava Noel e suonava le trombe. Sul ponte erano
anche state costruite delle case e delle botteghe.
É lungo 105 metri e largo 20 e collega rue Saint-Martin
sulla riva destra, a rue de la Cité sull’isola omonima, scavalcando il braccio
settentrionale della Senna. Nel 1514 nello stesso luogo era stato inaugurato un
ponte di pietra, che sostituiva quello precedente di legno. Aveva cinque arcate
e durante la Rivoluzione era stato battezzato pont de la Raison. In quel periodo
sono anche state demolite le case che esso ospitava. Veniva decorato con degli
archi di trionfo sotto ai quali passavano i sovrani al loro arrivo nella
capitale.
Il ponte attuale è stato costruito nel 1914, ha un’arcata
centrale di acciaio larga sessanta metri e due piccole arcate laterali di
mattoni, per le quali sono state riutilizzate le vecchie arcate e i pilastri
risalenti alla Renaissance. Ci sono dei pignoni triangolari con delle pietre in
bugnato (si dice così?) e delle teste scolpite al centro delle arcate laterali.
La balaustrata sopra alle arcate laterali è di pietra, quella sull’arcata
centrale è di ferro battuto, ornata di foglie d’acanto.
Nel 1721 il pittore Antoine Watteau ha raffigurato questo
ponte nel dipinto L’Enseigne de Gersaint.
Qualche decennio prima, il 17 luglio del 1676, da una delle
case sul ponte, madame de Sévigné ha guardato passare il carro, proveniente
dalla Conciergerie, che portava al patibolo la celebre avvelenatrice
Brinvilliers.
Pont au Change
Nel Medioevo, sul ponte c’erano gli uccellatori che
vendevano gli animali catturati. La domenica e nei giorni di festa, invece,
essi li liberavano al passaggio del re che si recava a Notre-Dame. Ma la
ragione del nome, pont au Change, è perché qui, sin dal 1100, c’erano i changeurs,
che vi si erano installati dietro richiesta di Luigi VII.
Il ponte unisce place du
Châtelet, sulla riva destra, al boulevard du Palais sull’île de la Cité,
scavalcando il braccio nord della Senna. C’era già un ponte qui al tempo dei
romani, poi, dall’872 ce n’è stato uno di pietra, poi uno di legno detto pont
du Roy. Se ne sono quindi succeduti otto, tutti andati distrutti, fino ad
arrivare a quello costruito da Androuet du Cerceau nel XVII secolo.
Il ponte attuale è del 1860, ed è stato costruito sul
modello del pont Saint-Michel. È formato da tre campate con dei pignoni
circolari, sopra ai quali c’è la N di Napoleone, opera di Cabat, inscritta in
una corona di alloro. Le balaustrate sono di pietra.
È circondato da edifici storici. Sul quai de l’Horloge c’è
la Tour de l’Horloge, che ospita il primo orologio pubblico di Parigi. A sud
est del ponte c’è la Conciergerie, la prigione più vecchia di Parigi, oggi sede
del Palais de Justice. Nello stesso complesso c’è la Sainte Chapelle.
E, a proposito di cose del passato, ricordiamo un episodio
accaduto nel lontano 1389. Sul calar della sera, mentre Isabella di Baviera
percorreva il ponte, un funambolo genovese avanzava su di una corda tesa
attraverso il fiume, reggendo in mano delle torce. Piano piano si è avvicinato
a lei e le ha posato delicatamente una corona sulla testa, fra gli applausi di
chi assisteva.
Pont de l’Archevêché
Il ponte collega il quai de
l’Archevêché, sull’isola de la Cité, a rue des Bernardins, sulla riva sinistra,
scavalcando il braccio meridionale della Senna. Misura 67 metri di lunghezza e
17 di larghezza. È stato costruito nel 1828 ed è formato da tre arcate in
muratura, ha dei pignoni circolari e una balaustrata di ferro. Le sue campate
sono piuttosto piccole e non molto alte, per cui, in caso di piena, c’è il
pericolo che esse ostacolino in parte il passaggio dell’acqua. Infatti, il
numero di incidenti fluviali in questo punto, dalla fine dell’800 in qua, è
piuttosto alto.
Nei dintorni – Su square Jean
XXIII, un tempo occupata dall’Arcivescovado, c’è il Jardin d’Eden, da cui
si gode di una vista magnifica sulla Senna e sulla cattedrale, sulla sponda
opposta. Sul quai de Montebello ci sono i bouquinistes, con le bancarelle di
libri suddivise per tema.
Pont au Double
Il ponte collega la rue d’Arcole sull’isola de la Cité a rue
Lagrange, sulla riva sinistra, scavalcando il braccio sud della Senna.
Il primo ponte sorgeva più o meno sullo stesso luogo di
quello attuale ed era stato costruito nel 1632. Aveva due arcate ed era
un’estensione del vecchio Hôtel-Dieu, con delle stanze per i malati.
Poi l’ospedale è stato spostato e il ponte attuale è stato
rifatto nel 1883. E’ largo 20 metri e poggia su di un’unica arcata di ghisa con
le entretoises in acciaio.Le balaustrate sono in fonte moulée ricoperta di rame
cuivre.
Il nome del ponte deriva dal fatto che i pedoni che lo
attraversavano dovevano pagare un double denier, ovvero due
denari - alla lettera ‘un doppio denaro’ - come pedaggio.
Petit Pont
Perché si chiama Petit Pont? Perché è il ponte più piccolo
di Parigi, naturellement. E, anche se non è il più vecchio, è uno dei
più vecchi, almeno nella sua prima versione. Infatti già Giulio Cesare, come
riferisce nel De bello Gallico, aveva utilizzato una struttura di legno esistente
in questo posto. La struttura di oggi collega rue de la Cité, sull’isola
omonima, a nord, con place du Petit-Pont e rue du Petit Pont, sulla riva
sinistra, a sud, scavalcando il braccio sud della Senna. Esso si trova sul
prolungamento del ponte di Notre-Dame, situato sull’altro lato dell’isola.
Nel 1186 il vescovo Maurice de Sully aveva fatto costruire
un nuovo ponte in muratura, ma le sue arcate a poco a poco avevano ceduto e il
ponte è sprofondato nel fiume.
Il ponte attuale è stato costruito nel 1853, è largo venti
metri, ha una sola arcata in pietra molare, la pietra che si usa per fabbricare
le mole dei mulini.
Al numero 19 del quai Saint
Michel abitava Matisse, che amava lo spettacolo offerto la domenica dalla
Senna, con i pescatori seduti sulle chiatte ormeggiate e le persone che
guardavano e sfogliavano i libri sulle bancarelle.
Pont Saint-Michel
Il ponte, lungo 62 metri e largo trenta, collega il
boulevard du Palais, sull’île de la Cité, a place Saint-Michel e al boulevard
Saint-Michel, sulla riva sinistra, scavalcando il braccio sud della Senna.
Il primo ponte costruito qui risale al 1387. Quello attuale,
formato da tre arcate, è il sesto della serie. Fino all’inizio dell’800, essi
reggevano delle case. Al di sopra dei pignoni circolari ci sono delle grandi N,
che stanno per Napoleone III, dentro alle corone di alloro. Le balaustrate sono
di pietra. Questo ponte è stato edificato in soli otto mesi e per la sua
costruzione sono state utilizzate molte delle pietre del vecchio ponte. .
Pont Neuf
Anche se si chiama Neuf, in realtà è il ponte più vecchio di
Parigi, essendo stato costruito ben 430 anni fa. Di quel tempo conserva solo
un’arcata e i pali di quercia e di castagno delle fondamenta originarie.
Era stato il re Enrico III in persona a posare la prima
pietra, il 31 marzo del 1578. Purtroppo, però, in passato, il ponte veniva
usato non solo dalle persone che volevano attraversare il fiume, ma anche dai
briganti, il più famoso dei quali era Cartouche, soprattutto di notte. Di giorno,
invece, c’erano gli imbonitori, i mercanti di polvere di pimperimpera (usata
dagli illusionisti), i cavadenti, il teatrino ambulante.
È lungo 238 metri, largo 22 e collega rue du Pont-Neuf,
sulla riva destra, con rue Dauphine, sulla riva sinistra, attraversando i due
bracci della Senna. È formato da cinque arcate sul piccolo braccio e da sette
arcate sul grande braccio. I pignoni triangolari sorreggono delle originali
edicole cilindriche, che fino alla metà dell’800 ospitavano delle botteghe.
Il 31 maggio del 1578 il re Enrico IV aveva effettuato la
posa della prima pietra e aveva anche deciso di farvi costruire i marciapiedi
anziché le case. I lavori erano stati a lungo interrotti a causa delle guerre
civili e la struttura è stata inaugurata nel 1614, completa di statua equestre
di Enrico IV.
Dal 1889 è classificato come monumento storico.
Pissarro lo aveva dipinto, Prévert lo ha cantato, il regista
Carax – che in realtà si chiama Dupont - lo ha filmato e, nel 1985, l’artista
americano Christo, con l’aiuto di trecento operai, lo ha impacchettato con
40.000 metri quadri di tessuto ignifugo color miele.
Sulla punta dell’isola c’è la Square
du Vert-Galant.
Pont des Arts
Il nome deriva dalla denominazione che, sotto l’Impero,
aveva il museo del Louvre, che si chiamava palais des Arts.
È una passerella pedonale che collega il quai du Louvre,
sulla riva destra, a place de l’Institut, sulla riva sinistra. Nel 1984 è stato
ricostruito in acciaio seguendo in parte la disposizione dell’opera originale.
La differenza sta nel fatto che quella aveva nove arcate, cosa che causava
molti incidenti, mentre quella attuale ne ha solo sette.
Il ponte, lungo 155 metri e largo 10, si trova in posizione
sopraelevata rispetto ai lungofiume e da esso si gode di una magnifica
prospettiva sul pont Neuf e sull’île de la Cité. È classificato fra i monumenti
di interesse storico.
Pont du Carrousel
Il nome deriva dal carosello di
cavalieri offerto da Luigi XIV nel giugno del 1662 in onore di Louise de la
Vallière, futura favorita.
Henri Miller amava molto questo
ponte. “ Mi fermo per qualche minuto – ha scritto - sul pont du Carrousel, da
dove scorgo Notre-Dame, appena visibile al di sopra dell’acqua, uno spettacolo
fantomatico di una tranquilla grandezza. Sono sul punto di piangere…”.
Il ponte misura 168 metri di lunghezza e 35 di larghezza e
collega la biglietteria del Louvre, sulla riva destra, al quai Voltaire, sulla
riva sinistra. È un ponte di cemento armato a cinque campate, tre delle quali
sono più ampie e due sono più piccole. Queste ultime scavalcano i quais
laterali. I pignoni dei pilastri hanno una forma arrotondata con un
‘tettuccio’. Il rivestimento murario è fatto di pietre da taglio.
Le statue dell’Industrie e l’Abondance, sulla riva
destra, e della Seine, sulla riva sinistra, sono collocate sopra a quello che
era lo sportello del pedaggio del ponte.
Pont Royal
Il ponte misura 130 meti di lunghezza e 17 di larghezza e
collega l’avenue du Général-Lemonnier, sulla riva destra, a rue du Bac, sulla
riva sinistra. È uno dei ponti più vecchi di Parigi, un monumento storico e un
esempio di stile classico. In passato da questo ponte partiva un servizio di
battelli fluviali coperti, chiamati la Galiote de Sèvres et di Saint-Cloud.
Ha cinque arcate ad ansa, quella centrale misura 23 metri e
quelle laterali un po’ meno. I pignoni sono triangolari, con una ‘copertina’
sopra e il parapetto ha una modanatura liscia alla base.
È dedicato a Luigi XIV perché era stato lui a finanziarlo.
Il ponte è stato aperto nel 1688 e, negli anni della Rivoluzione, si chiamava
pont National, più tardi si è chiamato pont des Tuileries. Il 19 novembre del
1832 sul ponte c’è stato un tentativo di assassinare il re Luigi Filippo.
Passerelle Léopold Sédar-Senghor
È stata inaugurata il 15 dicembre del 1999 e chiusa al
pubblico lo stesso giorno. La chiusura era dovuta al fatto che, mentre il
corteo ufficiale la attraversava, la passerella ha cominciato a dondolare
paurosamente. Per rimediare, sono stati posti degli ammortizzatori e delle
molle e un anno dopo la struttura è
stata riaperta.
La passerella è fatta di metallo, è lunga 141 metri,
scavalca il fiume con una sola arcata e va dal giardino delle Tuileries a rue
Solférino. In passato si chiamava anch’essa Solférino, per ricordare la
vittoria di Napoleone III sugli austriaci nel 1851. E’ l’opera più recente
costruita sulla Senna e oggi porta il nome del poeta e uomo politico senegalese
Léopold Sédar Senghor, morto nel 2001. Prima qui c’era un ponte di ghisa e, dal
1961, una passerella provvisoria.
Alle estremità ci sono quattro accessi che permettono di
raggiungere il livello superiore e quello inferiore del ponte. Le strutture
portanti hanno delle forme elaborate, il pavimento è rivestito di legno esotico
e ci sono delle panche per godersi la veduta sul fiume.
Pont de la Concorde
Il ponte, costruito nel 1792, collega place de la Concorde,
sulla riva destra, ai quais d’Orsay e Anatole France, sulla riva sinistra. Da
esso si gode di una bella vista sulla piazza e, nelle belle giornate, si riesce
anche a vedere la basilica del Sacré-Coeur.
È uno dei ponti più belli della capitale e, negli anni, ha
cambiato nome. Prima si è chiamato pont Luigi XVI, pont de la Révolution, pont
Louis XVI… Poi, a partire dal 1830, è tornato a chiamarsi ponte de la Concorde.
Ha cinque arcate, le cui campate aumentano in altezza
andando dalle rive verso il centro. I pignoni circolari arrivano fino al
parapetto e i curiosi dadi che sono posti sopra ai pilastri avrebbero dovuto
fare da piedestallo per dei lampioni, che non sono mai stati messi. Per un
periodo, al loro posto, erano state collocate delle statue. Napoleone aveva
fatto installare qui alcuni resti del selciato della Bastiglia.
Pont Alexandre III
Collega l’avenue Winston Churchill, sulla riva destra, alla
esplanade des Invalides, sulla riva sinistra. La posa della prima pietra era
avvenuta il 7 ottobre 1896, veniva costruito in vista dell’Esposizione
universale del 1900. E’ uno dei ponti più decorati ed eleganti di Parigi.
È formato da una grande campata di 107 metri e da due più
piccole in muratura sui lungofiume. Alle due estremità ci sono dei pilastri
reggenti dei cavalli alati in bronzo dorato: quelli sulla riva sinistra sono
un’allegoria delle Arti e delle Scienze, quelli sulla riva destra sono
un’allegoria del Commercio e dell’Industria. Ai piedi dei pilastri ci sono
delle statue di pietra e, vicino, quelle di leoni. Il ponte è ornato da
ghirlande e al centro ci sono delle sculture in rame raffiguranti delle ninfe,
che simboleggiano la Senna e la Neva, il fiume che nasce dal lago Ladoga.
Il 13 giugno del 1800, un secolo prima della costruzione del
ponte, il primo sottomarino della storia, costruito da Fulton, si è immerso
nelle acque della Senna in questo punto e vi è rimasto per circa venti
minuti.
Pont des Invalides
Collega place du Canada, sulla riva destra, a place de
Finlande, sulla riva sinistra. Prima, sullo stesso luogo, c’era una passerella,
detta d’Antin. Il ponte attuale, lungo 152 metri e largo 18, è in muratura ed è
stato costruito nel 1855, per l’Esposizione universale. È formato da quattro
campate. Ne è stata aggiunta una, mentre sono stati riutilizzati i vecchi
pilastri e le spalle. I pignoni sono circolari, la balaustrata è di ghisa, il
pilastro centrale è ornata da sculture simboleggianti la Vittoria marittima, a
valle, e la Vittoria terrestre, a monte. Gli altri pilastri sono decorati da
bassorilievi raffiguranti dei trofei di guerra.
Il ponte ha dovuto essere ricostruito nel 1880, perché
l’urto di un’imbarcazione e la pressione dei blocchi di ghiaccio, nel terribile
inverno del 1879, ne avevano compromesso la stabilità.
Pont de l’Alma
È stato costruito nel 1954 e collega place de l’Alma, sulla
riva destra, a place de la Resistance, sulla riva sinistra. Con i suoi 42 metri
di ampiezza è il ponte più largo di Parigi. Sostituisce un ponte precedente in
muratura, che era stato costruito nel 1856. Il suo nome ricorda la battaglia
dell’Alma, in Crimea, svoltasi il 20 settembre del 1854 fra le truppe
anglo-franco-piemontesi e quelle russe. Le due campate, una di 110 metri,
l’altra di 32 metri, assolutamente sproporzionate, lo rendono curiosamente
asimmetrico.
È stato costruito nel 1974 e la piattaforma è formata da
quattro cassoni metallici e da una lastra di lamiera.
Accanto a uno dei piloni
del ponte c’è la statua di uno zuavo, che ricorda i soldati del corpo di
fanteria coloniale dell’esercito francese creato in Algeria. La statua è alta
sei metri e, in passato, essa era in compagnia di altre due, che raffiguravano
un artigliere e un granatiere. Quando il ponte è stato rifatto, le altre due
sono state ricollocate altrove. Lo zuavo è appoggiato su di uno zoccolo alto
più di tre metri, cosicchè la sua altezza totale è di più di dieci metri. In
occasione della piena del fiume del 1910 l’acqua era arrivata alla spalla del
soldato.
Di fianco al ponte sono
ormeggiati i Bateaux-mouches.
Passerelle Debilly
Porta il nome del generale de Billy, morto nel 1806 nella
battaglia di Averstaed. La passerella, che nelle intenzioni originarie doveva
essere provvisoria, destinata ai visitatori dell’Esposizione universale del
1900, è lunga 120 metri e larga 8. Al termine della manifestazione, tuttavia,
si è deciso di non smontarla.
Collega l’avenue de New-York, sulla riva destra, al quai
Branly, sulla riva sinistra. È solo per i ciclisti e per i pedoni ed è formata
da un grande arco al di sopra della piattaforma e quest’ultima funge da
traversa di campata. Una scala permette di raggiungere il ponte dal quai.
Nel 1989 vi era stato trovato il corpo di un diplomatico
tedesco che lavorava per la RDA Repubblica Democratica. Poiché era un posto
tranquillo, al tempo della guerra fredda il ponte veniva scelto dagli agenti
dello spionaggio per i loro incontri.
Pont d’Iéna
Il nome ricorda il luogo della vittoria di Napoleone sui
prussiani il 14 ottobre 1806. Sette anni dopo però i prussiani hanno invaso
Parigi, pronti a vendicarsi. Nel 1815 il generale Blucher (dieresi sullau)
voleva far saltare in aria questo ponte, ma
Luigi XVIII vi si è piazzato sopra e lo ha costretto a rinunciare. A
proposito di prussiani: sembra che si debba a loro l’origine della parola
‘bistro’, passata a indicare in seguito un bar- tavola calda. Durante l’assedio
della capitale, i soldati usavano quel termine quando volevano essere serviti
velocemente.
Il ponte collega place de Varsovie e i giardini del
Trocadéro, sulla riva destra, al quai Branly e al Champ de Mars, sulla riva
sinistra. È lungo 155 metri, largo 35, è stato aperto nel 1814 e ha cinque
arcate. Sui timpani ci sono dei bassorilievi raffiguranti le aquile imperiali,
i pignoni sono circolari e la mensola che sostiene la cornice è decorata. Alle
estremità della struttura ci sono delle sculture del 1853. Sulla riva destra ci
sono le statue di un guerriero gallico e di un guerriero romano, sulla riva
sinistra quelle di un guerriero arabo e di uno greco.
Durante la Restaurazione Luigi XVIII aveva fatto rimuovere
le aquile e lo aveva ribattezzato ‘pont de l’Ecole militare’. Nel 1852,
Napoleone ha fatto rimettere le aquile.
Nel 1937 il ponte è stato ampliato in occasione
dell’Esposizione universale. Sia a monte che a valle sono state aggiunte delle
volte di cemento ricoperte di pietra. A un livello inferiore rispetto al ponte
c’è un fregolatoio, ovvero un luogo dove i pesci vanno a deporre le uova,
artificiale, creato dal Port autonome de Paris, per garantire agli animali
un’area protetta, dove si possano riprodurre in pace.
Pont Bir-Hakeim
Il nome ricorda la vittoria della prima brigata di francesi
sull’Afrika Korps del maresciallo Rommel in Libia nel maggio del 1942. Era
stato inaugurato il 15 luglio del 1906. In quell’occasione, il presidente del
consiglio municipale lo ha definito “un magnifico prodotto della Scienza,
dell’Industria e dell’Arte”. Non la pensava così Céline, che nel suo libro
‘Viaggio al termine della notte’ lo ha definito “stupidamente brutto”.
Collega rue de l’Alboni, sulla riva destra, a place del
Martyrs Juifs du Vélodrome d’Hiver e al boulevard de Grenelle, sulla riva
sinistra. L’allée des Cygnes, al centro della Senna, che ospita un arco di
trionfo con le figure allegoriche dell’Elettricità, del Commercio, della
Scienza e del Lavoro visibile dal ponte, termina alla sua altezza.
La struttura ha due livelli. Quello più in alto è utilizzato
dalla linea 6 della metropolitana. Poggia su dei pilastri metallici torniti
molto eleganti, di stile Art nouveau. La piattaforma in basso, invece, è
destinata ai pedoni.
I pilastri, larghi quanto il ponte, sono sormontati da
sculture che raffigurano degli uomini muscolosi e sotto sforzo. Essi
rappresentano i Nautes del periodo gallo-romano, che poi, diventati
corporazione, nel Medioevo erano incaricati della manutenzione dei ponti, e dei
Forgerons, i fabbri.
Di fianco al ponte, nello spazio del port
de Grenelle, ci sono gli uffici del Service de Navigation de la Seine et du
Port autonome de Paris.
Ponte gonfiabile temporaneo
Lo studio di architettura francese AZC ha pensato di
aggiungere un po’ di divertimento, costruendo un ponte gonfiabile che funziona
come un trampolino, per il divertimento di tutti coloro che vogliono
attraversare la Senna con un po’ di stile.
Realizzato in PVC e gonfiato con oltre 130.000 metri cubi
d’aria il ponte più pazzo di Parigi, si trova vicino al Pont de Bir-Hakeim, tra
il XV e il XVI arr. Non lontano dalla Tour Eiffel. E dall’AZC studio
rassicurano: non c’è pericolo di finire in acqua.
Pont Rouelle
Il nome non ha a che fare con l’ossobuco, che in francese è
detto rouelle, ma con Guillaume-François Rouelle, farmacista e chimico, che lo
ha ideato in occasione dell’Esposizione universale. Si trova fra l’avenue du
Président Kennedy sulla riva destra e il quai de Grenelle, sulla riva sinistra.
È un ponte ferroviario lungo ben 370 metri, con dei parapetti Art déco. Il tratto sul braccio destro è
sostenuto da un arco di ferro, quello sul braccio sinistro è progettato in modo
tale da consentire la curvatura del binario.
Con il buio, da questo ponte si gode di una magnifica vista
sulla Torre Eiffel, che, nei primi cinque minuti di ogni ora, risplende di
milioni di lucine in movimento.
Pont de Grenelle
Collega rue Maurice
Bourdet, sulla riva destra, a place Fernand Forest, sulla riva sinistra. È
stato costruito nel 1968, è lungo 220 metri e largo 30, e il suo stile è in armonia
con quello moderno degli edifici del quartiere.
È composto da due campate
metalliche di acciaio, ciascuna delle quali scavalca d’un sol getto i due
bracci della Senna, separati dall’allée des Cygnes. Per i pedoni che ci
vogliono scendere ci sono le scale e una passerella.
C’è un curiosità
riguardante la statua della Libertà, la versione ridotta donata dalla città di
New York a Parigi, che era stata collocata qui. Il presidente di allora,
Carnot, si era rifiutato di raggiungere in battello il luogo per
l’inaugurazione, perché lo riteneva sconveniente. Così la statua, che era stata
collocata rivolta verso il paese donatore, è stata ruotata verso il ponte.
È rimasta in questa
posizione fino al 1937, quando ha smesso di voltare le spalle al paese donatore.
Nel 1968, quando il ponte è
stato smantellato, la statua è stata ricollocata più in alto, bene in vista.
Il ponte Mirabeau
Collega rue de l’Amiral Cloué e place de Barcelone, sulla
riva destra, con il Rond-Point du Pont Mirabeau, sulla riva sinistra. È stato
costruito nel 1896, è lungo 175 metri e largo 20. È un ponte metallico a tre
campate e sui pignoni ci sono delle sculture di bronzo, che rappresentano la
Città di Parigi, il Commercio, la Navigazione e l’Abbondanza. Il parapetto è di
ghisa ed è disegnato finemente.
Lungo la riva sinistra, a monte e a valle del ponte, c’è il
Port de Javel, che ricorda il ritrovato scoperto da Claude Louis Berthollet,
medico all’Università di Torino, poi diventato medico curante del duca di
Orléans. Berthollet era appassionato di chimica e ha scoperto l’eau de Javel,
l’ipoclorito di sodio conosciuto come candeggina, che disinfetta e sbianca
tutto. Su questa sponda, per più di un secolo, c’è stata la fabbrica chimica
che la produceva.
Pont du Garigliano
Il ponte porta il nome della battaglia che era stata
combattuta a partire dall’11 maggio del 1944 presso Montecassino, con le truppe
francesi che avevano affondato la linea Gustav disposta da Hitler sul fiume Garigliano.
Esso collega il boulevard Exelmans, sulla riva destra, al
boulevard Victor, sulla riva sinistra. È stato costruito nel 1966 per
sostituire un ponte in muratura costruito un secolo prima, che aveva due ordini
di arcate, sulla più alta delle quali passavano i binari della ‘petite
cinture’.
Il ponte attuale, lungo 209 metri e largo 26, possiede una
piattaforma formata da sei travi metalliche saldate insieme. I pilastri sono di
cemento ricoperto di pietra. È un ponte molto alto, che scavalca la linea C
della RER, ed è uno dei quattro in metallo costruiti fra il 1960 e il 1970.
Pont Aval
Anche se è il ponte più
occidentale di Parigi, a volte viene chiamato non con il suo vero nome, bensì
‘ponte del Point du Jour’, ovvero ponte dell’alba. Questo perché in passato,
alle prime luci del giorno, vi si svolgevano i duelli. Fra di essi, quello
famoso fra il marchese di Coigny e il principe di Dombes, per una lite nel
corso di una partita a carte.
Il ponte è stato aperto
nel 1968 ed è utilizzato dagli automobilisti che transitano sulla
circonvallazione. La piattaforma è larga 35 metri ed è formata da cassoni in cemento
precompresso costruiti in aggetto, sostenuti da mattoni di pietra concia
prefabbricati.
Le crociere sulla Senna arrivano fino a qui.
I canali
La rete fluviale di Parigi era stata creata per facilitare
la navigazione e il trasporto delle merci. C’è stato un periodo in cui lo
sfruttamento dei canali era molto intenso e vi si effettuavano frequenti lavori
per aumentarne la portata d’acqua, vi si facevano confluire le acque di diversi
affluenti e vi si costruivano dei ponti-canale che incrociavano o scavalcavano
i fiumi.
Dalla capitale, le vie d’acqua si ramificavano in cinque
dipartimenti, fra cui quello della Piccardia.
Quello che è oggi il canale
dell’Ourcq, per esempio, all’inizio del XVI secolo era un fiume, lungo il quale
passavano i tronchi provenienti dalla foresta di Retz, per rifornire di legname
la capitale. Alcune lettere patenti del re Francesco I, del maggio 1520,
prescrivevano di risistemare il canale per permettere alle pesanti imbarcazioni
di raggiungere Parigi passando dalla Marna. I lavori continuarono per decenni e
si dice che vi abbia partecipato anche Leonardo da Vinci, con il progetto di
una chiusa particolare. Nel 1562 Caterina de’ Medici ha rilanciato l’attività
di miglioramento e, due anni dopo, le barche arrivate in città lungo il canale
sono state accolte da colpi di cannone. Lungo alcuni tratti di sponda erano
stati installati dei mulini e delle segherie. Sotto il regno di Luigi XIV,
l’ingegnere Riquet de Bonrepos aveva elaborato il progetto di una derivazione
del canale, che gli desse uno sbocco in place de la Nation, mentre alla fine
del ‘700, un altro progetto prevedeva la creazione di due rami. In pratica, si
configuravano allora gli attuali canali di Saint-Denis e di Saint-Martin.
È stato Napoleone a far eseguire i lavori di
collegamento dei canali dell’Ourcq e di Saint-Denis con la Senna, dalla
Villette fino al porto dell’Arsenal. A questo proposito si cita spesso la sua
conversazione con il ministro dell’Interno Chaptal che, alla domanda: “Che cosa
posso fare di buono per i parigini?” avrebbe risposto: “Dare loro dell’acqua,
…”. In città, infatti, c’era scarsità di acqua potabile e c’erano solo
ventinove pompe antincendio per distribuire l’acqua della Senna. Ai lavori di
scavo hanno contribuito i prigionieri di guerra prussiani, una parte dei quali
ci ha lasciato la vita. È stato il 2 dicembre del 1808, quarto anniversario
dell’incoronazione di Napoleone, che l’acqua della Beuvronne è entrata nel
bacino della Villette. Il 13 maggio del 1821, poi, per celebrare il battesimo
del duca di Bordeaux, è stato aperto alla navigazione il canale di Saint-Denis,
seguito, quattro anni dopo, da quello di Saint-Martin. Quest’ultimo aveva
dovuto essere scavato in un paesaggio ormai antropizzato e le difficoltà da
superare sono state enormi.
Con il progredire
dell’industrializzazione, il traffico fluviale si è intensificato e il
paesaggio circostante è cambiato. Intorno al bacino della Villette i caffè per
i marinai e i sentieri per le passeggiate hanno lasciato il posto ai brutti
edifici dei magazzini. L’acqua dei canali, inoltre, era tutt’altro che igienica
da bere e c’era sempre il pericolo di epidemie. Così, nel 1852, il barone
Haussmann ha fatto coprire il tratto di canale corrispondente all’attuale
boulevard Richard-Lenoir.
Qualche anno dopo, la Ville
de Paris ha riscattato la concessione dei canali dalla ditta detentrice.e nei
due decenni successivi vi ha fatto effettuare dei costosi lavori di
manutenzione.
La concorrenza della ferrovia ha decretato l’abbandono dei
canali da parte del traffico commerciale. È così scomparsa anche l’attività
lavorativa che vi ruotava attorno.
Con l’introduzione dei motori, si era già eclissato, ad
esempio, il lavoro di alatura, fatto da uomini o cavalli. I primi utilizzavano una bardatura di tela di
canapa o una corda attorno alla spalla ed erano indispensabili nei tratti di
canale in città, dove i cavalli non potevano essere utilizzati. Spesso si trattava di senzatetto, che
stazionavano all’Arsenal. Lavoravano alla giornata, che era il tempo necessario
per coprire i 4,5 chilometri del canale Saint-Martin. A partire dal 1862, per
trainare le chiatte sono entrati in servizio dei rimorchiatori a vapore come il
Richard-Lenoir dotato di un timone a entrambe le estremità. Alla fine dell’800,
hanno fatto la loro comparsa le prime chiatte a motore, ma ormai il loro tempo
era scaduto….
È sopravvissuta, invece, l’attività delle imprese che si
occupavano di tenere pulito il letto dei canali. Ogni 8-10 anni,
infatti, esso doveva essere sottoposto a lavori di depurazione del fondo e di
controllo per evitarne il crollo dovuto alla dissoluzione del calcare e del
gesso che lo formavano. In queste occasioni lo si metteva a secco, si
dislocavano i pesci che ci vivevano - carpe, trote, ghiozzi e lucci – si
tiravano su i rifiuti e si toglieva la melma accumulatasi.
Oggi la rete fluviale continua ad assicurare
l’approvigionamento di acqua non potabile e a garantire il trasporto delle
merci per mezzo di chiatte, ma è poca cosa rispetto al passato. Ma se è meno
utilizzata che in passato per il traffico commerciale, è usata in modo diverso.
La sua vocazione attuale è essenzialmente turistica. I canali sono percorsi da
battelli da crociera e da diporto, che navigano in mezzo al verde e agli
edifici lungo le rive, superano le chiuse, passano sotto ai ponti. Un esempio
di questa vocazione turistica è rappresentato dal bacino della Villette, le cui
attività lungo le rive sono legate alla nautica. Molte persone amano mettersi
al timone di un mezzo nautico, ma anche per chi non vuole affrontare la
navigazione, è bello scivolare lentamente in mezzo al paesaggio che, visto
dall’acqua, appare completamente diverso. Lontano dal traffico e dal rumore
della città, si può fare una sosta per un pic nic o per una bevanda calda o
fredda, per una visita a una chiesa o a un castello. Lungo i canali ci sono
anche dei bei sentieri da percorrere a piedi o in bici e le crociere sui canali
sono in continuo aumento. Inoltre, si sta considerando di riportare agli onori
del passato il trasporto su acqua, che è meno inquinante e che permetterebbe di
decongestionare quello stradale.
Il canale dell’Ourcq
- Il
canale è il pezzo forte della rete fluviale della capitale. Esso scorre per
novantasette chilometri, suddiviso in diverse sezioni. La sezione fra la
Villette e Les-Pavillons-sous-Bois attraversa un paesaggio a carattere industriale
e molto urbanizzato. Vi si svolge un traffico essenzialmente commerciale. La
seconda sezione, fra Les Pavillons-sous-Bois e Mareuil-sur-Ourcq comprende
ottantasei chilometri e dalla periferia si addentra a poco a poco nella
campagna, dove la navigazione da diporto ha il sopravvento su quella
commerciale e i battelli da crociera hanno preso il posto di quelli da
trasporto.
Il canale de l’Ourcq ha
diversi ponti e passerelle e, stando sopra alla sopraelevazione metallica che
costeggia la riva sinistra del canale nel parco della Villette, lo si vede
entrare in città infilandosi prima sotto il ponte in cemento precompresso del
boulevard periferico, costruito nel 1966, poi sotto il ponte di cemento armato
lungo quasi trenta metri, costruito nel 1932, del boulevard Macdonald. Questo
ponte è costeggiato da un altro molto stretto, con una travatura reticolare in
cemento armato, che collega i due lembi di una via che attraversa il parco. Ci
sono anche due passerelle dotate di ascensore che collegano due parti del
parco.
Nel 1882, la Villette era il quarto porto più
importante della Francia, dopo Marsiglia, Le Havre e Bordeaux. Qualche anno
prima, Haussmann aveva proposto di costruire qui un enorme mercato del bestiame
e di affiancarvi un mattatoio. Ogni giorno, sui suoi quarantamila metri
quadrati arrivavano seimila bovini, quindicimila montoni, duemilacinquecento
vitelli e un numero incalcolabile di maiali. All’epoca, c’era anche l’abitudine
di venire a bere il sangue che sgorgava dalla carotide appena recisa di un
animale, per curare l’anemia.
Quando il mattatoio è stato chiuso, si è deciso di
trasformare l’area in un parco urbano, con una serie di edifici che ospitassero
dei centri ricreativi e didattici allo stesso tempo: la Cité des Sciences, la
Cité de la Musique, la Géode…
Il bacino era stato inaugurato il 2 dicembre del 1808 da
Napoleone I. Era un luogo di passeggiate eleganti ma anche di commerci. Per
questo era stato ingrandito, raggiungendo i settecento metri di lunghezza e i
settanta di larghezza. È diviso in due dal ponte della rue de Crimée. Da una
parte c’è il piccolo bacino, dall’altra quello grande bacino. Il ponte è stato
costruito nel 1885, la sua piattaforma ha una lunghezza di 20 metri una
larghezza di 7, 60 metri. I cavi che permettono di sollevarla passano su
quattro pulegge monumentali sorrette dalle belle colonne metalliche. Quando era
azionato dalla solo forza idraulica e si apriva mediamente venticinque volte al
giorno, causava delle interruzioni della circolazione che arrivavano a durare
anche un’ora, quando passava un convoglio lungo. Il ponte conserva la sua
struttura e le sue belle decorazioni, ma il modo di azionarlo è stato
modernizzato.
Oggi il bacino ha riscoperto la sua
vocazione originaria di luogo di passeggiate e di distensione e, nell’insieme,
non rimane molto del suo passato industriale. Sulle sue rive sono stati aperti
dei cinema, dei caffè e delle librerie. Le chiatte sono diventate delle sale da
spettacolo o dei ristoranti, i sentieri sono diventati delle piste ciclabili.
Sul quai de Loire sulla riva sinistra e sul quai de Seine, sulla riva destra,
ci sono diversi negozi di rigattieri, raggiungibili attraverso la passerella
della Moselle, che attraversa il bacino al centro. È da qui che a giugno
vengono lanciati i fuochi d’artificio.
Fra le nuove proposte per il tempo
libero ci sono le sale cinematografiche MK2. Era stato il produttore Karmitz ad
avere l’idea di impiantare dei cinema nei quartieri meno favoriti dal punto
dell’offerta culturale. Le due sale affacciate sul bacino – una è al numero 7
del quai de la Loire, l’altra è al numero 14 di rue de la Seine - sono
sorte dentro a magazzini che erano stati costruiti con le strutture metalliche
usate da Eiffel per l’Esposizione del 1878. Per andare da una sala all’altra
c’è la navetta fluviale Zéro de conduite. Per bere
qualcosa c’è il vicino bar Ourcq, al 68
del quai de la Loire. I due edifici che ospitavano i magazzini generali, dopo
la ristrutturazione, sono diventati uno la Casa dello studente, l’altro un
laboratorio d’artista. Sulla riva destra ci sono anche un hotel, un ristorante
e un ostello della gioventù.
Al numero 77 del quai de la Seine, invece, c’è il locale
Vélo et chocolat, dove si può affittare una bici e, al ritorno, bere una
cioccolata calda per ritemprarsi. Sul lato del quai de la Seine c’è una
passeggiata dedicata a Yves Montand e Simone Signoret. Ci si arriva dalla
Maison des Canaux, l’edificio che ospitava il Servizio centrale dei canali e
gli uffici di riscossione dei diritti sulla navigazione. Subito dopo la Maison
des Canaux c’è una strana fontana sormontata da un personaggio enigmatico che
ha la mano sinistra levata in segno di pace. Si tratta della Fontaine
ephesienne realizzata dallo scultore Jeanclos.
Per combattere ‘l’evasione fiscale’ di chi portava in città
la legna, il vino o la carne senza pagare il dazio, Luigi XVI aveva deciso di
far costruire un muro lungo ventiquattro chilometri tutt’intorno alla periferia
della capitale. L’architetto Ledoux aveva inserito in quel muro cinquantadue
porte, molto pregevoli dal punto di vista architettonico. Oggi, purtroppo, ne
restano solo quattro e una di esse è quella della Villette, ispirata alla villa
Rotonda del Palladio, a Vicenza. Quando è stata restaurata, l’architetto Huet
ha creato intorno a essa la square de la place Stalingrad, di forma
triangolare. Le due scarpate verdeggianti ai lati ospitano dei dispositivi per
la depurazione dell’acqua, mentre il grande tiglio argentato era stato piantato
nel 1945, al momento della Liberazione di Parigi.
Il canale Saint-Denis -
Il
canale Saint-Denis si unisce alla Senna all’altezza dell’isola
omonima, appena a valle della chiusa della Briche, dopo aver attraversato il
XIX arrondissement. È lungo 6,6 chilometri e i lavori di scavo erano cominciati nel 1811. È
entrato in servizio il 13 maggio del 1821, con dodici chiuse che colmavano un
dislivello di 28 metri. Vi transitavano una cinquantina di imbarcazioni nelle
ventiquattr’ore, che trasportavano quasi duemila tonnellate di merci. Alla fine
dell’800 sono stati fatti dei lavori di allargamento, il numero di chiuse si è
ridotto a sette. La prima chiusa, quella del Pont du Flandre, è alta ben dieci
metri. Nel 1854, vicino a essa erano erano stati costruiti dei magazzini e
delle cantine, per depositarvi i cereali, l’olio, il vino e i prodotti
provenienti dalle colonie. Alla fine dell’800 gli edifici dei depositi
coprivano una superficie di più di sei ettari e costituivano un’enorme
piattaforma servita da un bacino che era direttamente collegato al canale Saint-Denis
e, più tardi, anche alla linea ferroviaria. La singolarità di questi magazzini
è quella di avere dei pignoni allineati.
Una delle chiuse, per l’esattezza la quarta, porta il nome
curioso di Vertus, ovvero virtù. L’appellativo deriva dalla presenza, nella
vicina chiesa di Aubervilliers, di una statua dell Vergine miracolosa, detta
Notre-Dame-des-Vertus, conosciuta già nel Medioevo. In passato, gli orticoltori
venivano ad implorarla quando c’era la siccità. La settima chiusa, invece,
porta il nome di Briche. Sembra che questo termine sia una deformazione di brèche,
ovvero di breccia. È un punto che è sempre stato fortificato.
Ancora oggi Saint-Denis è un canale a vocazione industriale
e le merci trasportate raggiungono il milione di tonnellate all’anno.
Il canale Saint-Martin
La costruzione del canale Saint-Martin,
scavato in un paesaggio molto urbanizzato, è stata portata a termine nel 1825.
Collega il bacino della Villette con la Senna ed è lungo 4 chilometri e mezzo,
metà dei quali sotterranei. Ci sono nove chiuse che permettono di superare un
dislivello di venticinque metri. La costruzione del canale era stata decisa da
Napoleone I, che aveva anche chiesto all’ingegnere Belgrand di spostare una
chiusa dalla Bastiglia alla rue du Faubourg-du-Temple, ovvero un paio di
chilometri più a nord. In quel punto Bonaparte voleva far costruire un ponte
che permettesse alle sue truppe di raggiungere velocemente il boulevard du
Prince-Eugène, attuale boulevard Voltaire, spesso al centro di sommosse.
Sin dalla sua creazione questo canale ha adempiuto a due
funzioni fondamentali: il trasporto delle merci e l’approvigionamento idrico
della città. Per tanto tempo le chiatte hanno portato a Parigi il carbone, il
grano e alimenti vari dalla regione settentrionale del Brie. Oggi esse
trasportano la sabbia e la ghiaia per l’edilizia e per i lavori pubblici e
portano via i detriti delle demolizioni. Il canale fornisce inoltre il 60%
dell’acqua non potabile necessaria alla manutenzione dei parchi e alle
fognature.
Sulle rive del canale c’erano delle attività artigianali
legate al passaggio delle chiatte, ma anche delle cartiere e delle concerie. I
piloti e gli addetti alle chiuse, dopo il lavoro, andavano a rilassarsi nei
caffè. Era un piccolo mondo, reso immortale da scrittori come Francis
Carco e Léon-Paul Fargue. Al numero 174
quai de Jemmapes c’è un enorme edificio di otto piani che un tempo ospitava la
Cité artisanale Clémentel, disegnata nel 1933 dagli architetti Saulnier e
Bouhier e fatta costruire dal ministro di cui portava il nome. Dietro alla sua
facciata di marmo rosa, l’edificio ospitava una sorta di falansterio con i
laboratori di tipografi, fotografi, ottici e conciatori. Ogni atelier era
dotato di acqua, di elettricità, di riscaldamento centrale e di telefono.
C’erano anche delle sale per l’insegnamento e per le conferenze e una sala per
le mostre, a disposizione della classe operaia. Era la concretizzazione delle
ambizioni paternaliste di Clémentel, della sua filantropia e della
collettivizzazione, care all’epoca delle utopie.
Vicino al ponte Louis Blanc, costruito nel 1958, c’è
un edificio di mattoni di ispirazione Art déco, all’altezza del numero 200 del
quai de Valmy. Era stato costruito da Jean Michel nel 1930 e ospita lo
straordinario centro artistico Point Ephémère, con molti laboratori artistici,
sale da concerto ed eventi di ogni tipo. C’è un bar- ristorante con buffet di
piatti esotici. L’immobile al numero 27 di rue Louis Blanc, una via trasversale,
sede del Conseil des Prud’hommes, ovvero dei Probiviri, ha una bella facciata
di vetro, opera dell’architetto Baju, inclinata all’indietro man mano che sale.
Al numero 83 della stessa via c’è la libreria Artazart, dalla bella facciata
rossa, per gli amanti dell’arte, della fotografia, del design e del cinema.
La terza e la quarta chiusa del canale Saint-Martin sono
dette dei Morti perché in corrispondenza c’era una via che portava a un
cimitero. La via oggi si chiama rue des Ecluses-Saint-Martin e vicino ad essa
c’è la bellissima square Eugène-Varlin, con platani, aceri, sicomori, clematidi
e aranci del Messico, alla cui ombra è molto piacevole passeggiare. Secondo
un’altra ipotesi, il nome è legato al fatto che, più o meno all’altezza
dell’attuale numero civico 150 del quai de Jemmapes, un tempo c’era la forca di
Montigny.
Nel 1861 il Saint-Martin era stato riscattato
dall’amministrazione pubblica ma, a poco a poco, la concorrenza della ferrovia
e del trasporto su strada ha annientato definitivamente la navigazione
commerciale, che era più lenta. Per salvare il canale e il giardino di
Villemin, tuttavia, il ministro Malraux ha presentato un piano. Voleva
strapparli alle grinfie degli immobiliaristi, sempre pronti a fare tabula rasa
del passato per riempire la città di cemento. Lo spazio verde misurava quasi
20.000 metri quadrati e si trovava sull’area dell’ex ospedale militare
Villemin, dove i soldati feriti arrivavano dal fronte sulle chiatte. L’ospedale
era stato creato nel 1861 nei locali del convento dei Récollets, fatto
costruire nel XVII secolo da Maria de’ Medici. Di quel tempo oggi rimangono
solo la cappella, lo scalone e una parte del chiostro.
Oggi il Saint-Martin
è un canale fuori dal tempo, sulle cui rive sorgono degli edifici antichi, fra
i quali l’ospedale Saint-Louis, uno dei più vecchi di Parigi e il convento dei
Récollets, con il bel giardino Villemin. Discende lentamente verso sud, fino a
raggiungere il ponte La Fayette. Ai numeri 241-247 della vicina rue La Fayette
c’è un edificio Art déco incastrato in una costruzione realizzata nel 1982 da
Prache e Van Treeck. Tutt’intorno ci sono degli atelier di artisti, dai quali
si gode di una bella vista sul canale. Al numero 245 di rue La Fayette, c’è il simpatico pub dell’ostello Peace and
Love, dove si incontrano delle persone provenienti da tutto il mondo. Ci sono i
tavolini all’aperto con vista sul canale. È aperto fino alle 2 di notte e c’è
un’ampia scelta di birre a un prezzo conveniente.
I due lunghissimi quais che costeggiano il canale sono il
quai de Jemmapes, a oriente, e il quai de Valmy a occidente. Ai numeri 116-118
del quai de Jemmapes c’è l’Espace Jemmapes, che offre una bella programmazione
di spettacoli e di concerti. Al vicino numero 112 c’è uno splendido edificio
dalla facciata Art déco, realizzato da Pradelle nel 1907. Per mangiare un
boccone, c’è il simpatico wine bar Le Poisson Rouge, dove si mangia
cucina tradizionale francese. Al numero 80 del quai c’è il Comptoir général,
uno spazio franco-africano con molte iniziative, mostre e negozi. Ci sono abiti
vintage e un ampio snack. Fra i diversi
spazi c’è anche un curioso giardino e un piccolo museo. Al numero 48 bis c’è il
Centro culturale persiano Pouya, dove si tengono dei corsi di musica
tradizionale e di danza. C’è anche una sala da tè, dove si può gustare la
bevanda con menta o cardamomo seduti su dei comodi puf dove rilassarsi.
A occidente c’è il quai de Valmy, anch’esso ideale per le
passeggiate, mentre si osserva il passaggio lento dei battelli. Vi sono moltissimi
negozi di ogni genere, tradizionali e moderni. Al numero 151 del quai de Valmy
c’è il ristorante Pomm, dove si possono mangiare le crêpes o gustare una pizza
molto ‘creativa’. Accanto, al numero 153, c’è il ristorante L’Ecluse Valmy, con
cucina tradizionale e specialità di carne alla griglia.
Oltre
ai numerosi ponti, sul canale ci sono anche molte passerelle, tutte di grande
qualità estetica. Fra queste, la più famosa è la passerella Bichat, del 1890,
formata da archi di ghisa delicatamente traforati, con la ringhiera blu e
verde. Nel
tempo, la sua bella linea ha ispirato gli scrittori e ha affascinato i
fotografi e i pittori. Sembra ancora di.sentire le parole: “Atmosphère!
Atmosphère! Est-ce-que j’ai une gueule d’atmosphère ?’ pronunciate da
Arletty nel film Hotel du Nord di Marcel Carné. La scena era però stata
ricostruita in studio.
La passerella più vecchia del canale, invece, è quella della
Douane, costruita nel 1860, accanto alla settima e all’ottava chiusa del Temple,
oltrepassate le quali le chiatte si infilano nel percorso sotterraneo sotto
alla volta del Temple, per riemergere alla luce due chilometri dopo, ai piedi
della statua della Grisette. Questa statua, che orna l’inizio del boulevard
Jules-Ferry, raffigura una piccola sarta povera, una grisette appunto, generosa
e compassionevole, simbolo del popolo vittima della Restaurazione.
Il bacino dell’Arsenale è il punto di arrivo del canale. Era
stato fatto sistemare nel 1805 da Napoleone I, sull’area dei fossati del muro
di cinta di Carlo V, che fornivano l’acqua alla fortezza della Bastiglia. Nel
1983 l’amministrazione lo ha trasformato in porto turistico, per le
imbarcazioni da diporto. A un livello inferiore rispetto al boulevard de la
Bastille è stato creato un giardino acquatico, a cui si accede attraverso una
scala posta a sud est della piazza e anche dalla passerella. Nella bella
stagione, è piacevole sedersi qui all’ombra e osservare il passaggio di barche
sul fiume. È ideale per rilassarsi e per fare pic nic, in mezzo alle rose, ai fiori
di poligono del Turkestan, al caprifoglio, alle trombette della Virginia, che
formano un caleidoscopio di colori sempre diversi in ogni stagione.
Il
ponte Granges aux Belles è il vecchio ponte di Crimea, ricollocato qui
quando al suo posto ne era stato messo uno a cremagliera. E’ rivestito di ferri
angolari chiodati, che gli danno un aspetto antico.
Le imbarcazioni nel tempo
Nei secoli sui canali di Parigi hanno navigato tanti tipi
diversi di imbarcazioni, con usi e destinazioni differenti. C’erano le lunghe besognes
normanne, c’erano i marnois, larghi e poco profondi, c’erano le margotats,
delle specie di chiatte dalle estremità quadrate e c’erano le lavandières
dal fondo piatto, lunghe una quarantina di metri
Ma i battelli commerciali più
diffusi erano i flûtes, che, come suggerisce il nome, avevano una forma
lunga e stretta, adatta a navigare su di un canale stretto. Erano lunghi 28
metri, larghi solo 3 e potevano portare un carico massimo di 70 tonnellate. I
primi erano interamente di legno, più tardi sono stati rinforzati in ferro e
alla fine erano quasi interamente di ferro. Li si vedeva scendere in fila
seguendo la corrente, a gruppi di quattro o cinque. Al ritorno, essi venivano
tirati dai cavalli o dagli uomini, in un numero variabile, a seconda che essi
fossero pieni o vuoti. L’ultimo flûte ha navigato sul canale nel 1962.
I battelli di servizio - Nel 1879 il ministro
Freycinet ha reso uniformi le vie navigabili e le chiuse sono state
standardizzate. Di conseguenza, anche le imbarcazioni hanno dovuto esserlo e le
nuove chiatte previste da Freycinet erano tutte lunghe 38 metri , larghe 5 ed
erano in grado di trasportare 35 tonnellate. Dal 1820, sul canale transitavano
anche i battelli per passeggeri, che erano coperti e si chiamavano galiotes.
Le geleotte facevano servizio soprattutto sul tratto fra Clayes e Parigi.
Fra i provvedimenti presi c’è stato anche quello di dar vita
a un regolamento, che indicasse le caratteristiche che doveva avere il natante,
il limite massimo di velocità, il pedaggio da pagare a ogni chiusa, la durata
consentita per le soste e così via.
Nell’800 la posta viaggiava anche sui battelli.
Quello che faceva la spola fra Parigi e Meaux, ad esempio, era sottile come un
siluro ed era alato da quattro cavalli. Raggiungeva la velocità di quindici
chilometri all’ora e aveva la precedenza su tutti gli altri mezzi in
navigazione sul canale. Per avvisare gli abitanti del suo arrivo uno degli
addetti – tutto il personale vestiva una divisa con i bottoni dorati - suonava
un corno da caccia. Quando la concorrenza della ferrovia ha cominciato a farsi
sentire, il battello postale ha abbassato i prezzi, ma il provvedimento non è
bastato a salvarlo e ha dovuto cessare la sua attività.
Da quando l’Amministrazione di Parigi ha rilevato tutti i
canali ha a sua disposizione un certo numero di battelli di servizio, per la
manutenzione degli stessi. Ci sono cinque faucardeurs, muniti di
falce meccanica per tagliare l’erba sulle sponde dei fiumi e degli stagni, e
che liberano anche il letto dei canali dalla vegetazione acquatica. Per
raccogliere i rifiuti che galleggiano, invece, ci sono degli appositi battelli
pulitori, fra i quali l’ACQUPA, i cui bracci mobili e idraulici ripescano gli
oggetti che galleggiano o che sono andati a fondo.
Non bisogna dimenticare infine i rompighiaccio,
appositamente costruiti e attrezzati per aprirsi la strada sul fiume rompendo
la crosta di ghiaccio sulla superficie dell’acqua.. Entravano in servizio nei
rigidi inverni, come quelli del 1960 e del 1985, spinti da motori potenti.
Anche i rimorchiatori sono stati fondamentali nel servizio
svolto e alcuni sono diventati famosi, . Fra di essi, nel 1862 operava il
rimorchiatore ‘Richard-Lenoir’ lungo diciotto metri e
dotato di un timone a entrambe le estremità, per evitare di
girare alla fine del percorso. Grazie alla potenza della sua macchina a vapore,
poteva rimorchiare delle chiatte molto pesanti nel tratto fra due chiuse del
canale Saint-Martin, poi sotto alla volta del canale. Il Richard-Lenoir ha
cessato la sua attività nel 1936. I più contenti di questa fine sono stati gli
abitanti delle rive, che erano un po’ stufi del fumo nauseabondo che emetteva
al suo passaggio.
In viaggio sui
canali per diporto (RIQUADRO COLORATO)
Le crociere sono
un modo di scoprire Parigi sotto un aspetto più insolito e una crociera sul canale
Saint-Martin è un’esperienza rilassante ed estremamente
piacevole. Procedendo lungo questa straordinaria via d’acqua si passa
sotto alle volte sotterranee del lungo tunnel, si superano diverse chiuse, si
continua sotto agli alberi della riva che formano uno scrigno di verdura che
colora l’acqua del canale di un bel verde giada. Dopo aver superato alcune
romantiche passerelle, ci si trova davanti all’Hôtel du Nord, che ci ricorda il
film omonimo. Si arriva infine all’enorme parco de la Villette, con la sua Cité
des Sciences, la Géode e altro, destinazione finale della crociera. In un paio
d’ore, andando a 6 chilometri all’ora, si superano due secoli di storia.
La partenza è davanti al Musée d’Orsay, da qui si scivola
davanti al Louvre, a Notre-Dame e all’île Saint-Louis. Poi, la prima chiusa
permette di entrare nel Port dell’Arsenal, per poi proseguire in direzione
nord.
Ma non è l’unica possibilità offerta…….. Basta rivolgersi a
Canauxrama per vedere quanto sia ampia la scelta di crociere e di
minicrociere.
Pompe e fontane
A Parigi ci sono circa trecento fontane, che formano un
patchwork di stili, di forme e di materiali. Le più tradizionali sono quelle
che risalgono al Secondo Impero, costruite dall’architetto Davioud, la più
recente è quella di Dacauds, dell’anno 2000. A differenza del passato,
quando fornivano acqua agli abitanti –
già nel Medioevo le sorgenti di Ménilmontant e di Belleville erano state
canalizzate verso le case e i conventi - oggi esse sono puramente decorative.
All’inizio del XVII secolo Maria de’ Medici aveva fatto
costruire un lungo acquedotto, a Rungis, sul modello di quelli romani, per
alimentare il palazzo e i giardini del Luxembourg. Luigi XIV, per dare acqua
agli abitanti e per alimentare le maestose fontane aveva fatto collocare le
prime pompe idrauliche dentro alla Senna,
Alla fine del XVI secolo, nei quartieri dove la falda
acquifera si trovava al massimo a dieci metri di profondità, sono state
installate delle pompe per tirare su l’acqua a mano. Era un dispositivo più
comodo rispetto al manovrare la corda e la carrucola. Durante i conflitti
mondiali la maggior parte di esse è stata distrutta per recuperarne il metallo.
Per questo non ne esiste più neanche una completa di tutti i suoi elementi, ne
sopravvivono solo delle parti. Nel II arrondissement, per esempio, sul muro di
una casa posta al numero 25 di rue du Mail, c’è una leva, insieme ad alcuni
altri elementi di una vecchia pompa. Nel cortile del numero 10 del boulevard du
Temple, nell’XI arrondissement, c’è una statua femminile che sormonta una vasca
e che ha una leva come prolungamento del braccio.
Per migliorare la rete idrica Napoleone I aveva fatto tagliare il canale dell’Ourcq e aveva
creato il bacino della Villette, mentre Napoleone III aveva deciso la creazione
di una rete di distribuzione che permettesse di far salire l’acqua ai piani
alti dei palazzi. Sotto il Secondo Impero, grazie ai lavori di Haussmann e del
suo ingegnere Belgrand, sono state fatte per la prima volta delle condutture
separate per l’acqua potabile e per quella usata dai pompieri, per le fontane e
per la pulizia delle strade. Prima di allora, una parte degli abitanti di
Parigi beveva l’acqua dei pozzi della Senna, dove si scaricavano le fognature e
questo causava epidemie.
Le fontane di oggi si trovano principalmente nei parchi o
sulle piazze, sull’area di altre più vecchie. Molte sono monumentali, decorate
da divinità marine, ninfe, naiadi e sirene, da animali fantastici o mostruosi,
da conchiglie e piante acquatiche… Questi ornamenti ricordano i miti legati al
mondo del mare e dei fiumi. Altre fontane sono dedicare alla memoria di poeti,
di scrittori, di artisti e di grandi uomini e, per molti aspetti, esse sono una
testimonianza della storia, in particolare della storia dell’arte. Noi le
usiamo spesso come riferimento per un appuntamento. In questo senso, la fontana
di Saint.Michel, ad esempio, rappresenta un appuntamento un po’ particolare.
Alla fine dell’anno scolastico, infatti, gli studenti vi si ritrovano per una
baignade a base di secchiate d’acqua, con l’aggiunta di un prodotto schiumogeno
gettato nella vasca.
Il tipo di fontana più diffuso è quello che porta il nome
del filantropo Richard Wallace. Egli aveva assistito alla distruzione degli
acquedotti durante l’assedio del prussiani e aveva deciso di rimpiazzarli con
cinquanta fontane pubbliche, disegnate da lui stesso, eseguite dallo scultore
Lebourg e installate nei luoghi più
utili agli abitanti. La struttura è formata da quattro cariatidi, ispirate alle
Grazie rinascimentali, che simboleggiano la Semplicità, la Bontà, la Sobrietà e
la Carità, reggenti una cupola. Erano fornite di un bicchiere di latta
attaccato a una catenella. In città ne sono rimaste sessantasei, sei piccole,
le altre grandi. Il ‘Grand Modèle’ è alto tre metri. In origine, le fontane
Wallace erano tutte di colore verde scuro, ma nel 2011 il municipio del XIII
arrondissement ne ha fatte installare tre dai colori sgargianti. Nel quartiere
asiatico ce n’è una rossa, nel quartiere in cui c’erano i mulini ce n’è una
gialla, mentre vicino alla Biblioteca Nazionale ce n’è una color fucsia.
Le fontane più curiose sono le bornes fontaines. Si chiamano
così perché hanno la forma del cippo di confine che delimita un territorio. Ne
sono rimasti una ventina di esemplari, hanno il pulsante da premere sopra il
rubinetto.
Fontane vecchie e nuove - Una delle
fontane più vecchie di Parigi è quella denominata Croix-du-Trahor. È
stata edificata nel lontano 1529 e, nel corso dei suoi quasi cinque secoli di
vita, è stata testimone di molti fatti storici e anche di molte esecuzioni
pubbliche. Fino alla metà del settecento, nello spazio antistante ad essa si
facevano bollire vivi i falsari e si tagliavano le orecchie ai domestici disonesti.
Di fianco, veniva montata la ruota del supplizio, mentre i rami di un albero
secco vicino servivano ad appendere la corda della forca. Di fianco a
quest’albero veniva eretta una croce, per dare modo al condannato di dire le
ultime preghiere. Il secolo in cui sono state costruite più fontane, tuttavia,
è stato l’800.
Alcune sono commemorative, altre semplicemente decorative,
altre invece hanno scopi altruistici e caritatevoli. Fra queste, c’è quella che
era stata installata nella stazione di Port-Royal. Nelle intenzioni dei
costruttori essa doveva servire a dissetare le donne incinte che percorrevano i
suoi marciapiedi, dirette alla vicina clinica ostetrica Baudelocque. Era stata
collocata dentro a una nicchia e fiancheggiata da alcune panchine. Purtroppo,
come spesso accade, alle buone intenzioni non fanno seguito i buoni risultati e
questa agevolazione non è durata a lungo. Dopo qualche mese l’acqua si è
adulterata e non è rimasto che mettere la scritta ‘Acqua non potabile’. La
fontana esiste tuttora, si trova nella stazione RER di Port-Royal, sul
marciapiede in direzione di Chatêlet, ma è asciutta. Molte fontane sono
collocate nei giardini.
Alcune fontane, come la Stravinsky, sono stravaganti, altre,
come quella che si sviluppa lungo il pendio del parco di Belleville, sono
gigantesche. Una delle fontane più famose, paradossalmente, è una fontana mai
nata. Avrebbe dovuto sorgere il place de la Bastille, con la forma di un
gigantesco elefante. Ma tutto si è fermato allo stadio di progetto.
Ma le fontane più deliziose sono le ultime nate, dalle quali
si può attingere dell’acqua fresca e frizzante, dell’eau gazeuse. Ce ne
sono diverse in città, una di esse è nel Jardin de Reuilly, nel XII
arrondissement. Dal settembre del 2010, quando è stata fatta installare dal
comune per evitare l’acquisto delle bottiglie di plastica, questa fontana
elargisce della squisita acqua con le bollicine.
Pozzi e pozzetti - È verso la metà
dell’800 che a Parigi si è cominciato a scavare una serie di pozzi artesiani
di circa 600 metri di profondità. Il primo è stato quello di Grenelle, aperto
nel 1845, seguito da quello di Passy, nel 1861, che doveva servire
all’irrigazione del bois de Boulogne e al riempimento dei suoi laghi. Nel 1866
si è scavato quello della Butte-aux-Caille, che ha alimentato d’acqua il
quartiere, fino a quando è stato costruito l’acquedotto. L’acqua in eccesso
veniva utilizzata per le docce di uno stabilimento balneare. Ancora oggi si può
gustare l’acqua ferruginosa proveniente da questo pozzo. Nel 1875 se ne
contavano ben trentamila. Alcuni sono sopravvissuti e uno dei più belli si
trova nel cortile dell’Hotel de Cluny, al numero 24 di rue du Sommerard, nel V
arrondissement. La vera e le parti in ferro risalgono al XV secolo e la
gargouille raffigura un uomo selvaggio. Un altro pozzo, tuttora in funzione, si
trova al Jardin Alpin, all’interno del Jardin des Plantes. Anche in un angolo
della cour de Rohan c’è un pozzo con una carrucola di ferro.
Alcuni nomi delle vie di Belleville testimoniano che sulla
terra argillosa e impermeabile della collina scorreva l’acqua di molte
sorgenti. Di conseguenza, i pozzi erano numerosi e la rete di canali,
punteggiata di pozzetti d’ispezione, i regard, che ne permettevano la
sorveglianza, era complessa. Solo lungo la rue des Cascades c’erano quelli dei
Messiers, della Roquette e dei Religiosi di Saint-Martin, di cui ci sono tracce
ancora oggi, a dimostrazione di come passato e presente convivano in questa
splendida città.