Gli scrittori legati alla capitale - Parigi Controcorrente 2020

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Victor Hugo è uno degli scrittori che invitano il lettore a fare un viaggio attraverso una Parigi sconosciuta e sotterranea, in parte reinventata. Nei Miserabili, egli si è divertito a mischiare luoghi veri e luoghi inventati, a spostare la sede di certi episodi realmente accaduti. Il tragitto di Jean Valjean, evaso dal bagno penale, verso la catapecchia di boulevard de l’Hôpital dove abita, la sua fuga attraverso le fognature, avviene in luoghi dai nomi in parte inventati. Hugo sosteneva di aver usato una mappa del 1727, ma anche su quella la disposizione delle vie e delle piazze è diversa. Egli ha fatto anche conoscere agli abitanti l’universo insospettato della Parigi dei bassifondi, delle cantine, delle miniere, delle catacombe, delle fogne... A partire dal 1830, inoltre, lo scrittore ha tenuto un diario, nel quale annotava le piccole cose quotidiane insieme ai grandi eventi, le testimonianze della vita pubblica e le sue speranze e riflessioni.



Pagine scelte tratte da Choses vues di Victor Hugo

4 agosto 1846: Nei paesi cattolici si offre il primo grappolo d’uva alla Vergine nel giorno della sua festa. Di solito, questo grappolo viene stato fatto maturare in una serra, perché l’Assunzione cade troppo presto. Ma quest’anno il caldo è stato tale che il 15 agosto l’uva sarà tutta matura.  
6 agosto - Sotto alla volta dell’arco del Carrousel ci sono molti nidi di rondini. La mattina esse si sporgono con dei gridi gioiosi sopra alle statue dei soldati della Grande Armée. Niente fa sognare di più di questo incontro fra quanto la storia ha di più nobile e quanto la natura ha di più affascinante.
12 agosto –  Tutte le mattine, uno straccivendolo va ad ascoltare la messa a Notre-Dame. Deposita all’ingresso i ferri del mestiere, poi entra e prega devotamente. Di tanto in tanto dà dieci soldi alla donna che affitta le sedie, pregandola di andarli a mettere nella cassetta delle elemosine per i poveri. La prima volta, la donna gli ha chiesto perché non li mettesse lui stesso. “No – le ha risposto l’uomo – se qualcuno mi vedesse avvicinarmi alla cassetta delle elemosine vestito come sono, penserebbe che voglio rubarle.”
9 settembre – Gli orticoltori, i fruttivendoli e i pescivendoli di Parigi non vogliono rinunciare ad avvolgere gli alimenti nella carta di giornale. Gli è stato proposto l’utilizzo di carta bianca allo stesso prezzo di quella di giornale, ma non ne hanno voluto sapere. Dicono che la carta stampata ‘protegge la merce’.
10 settembre – Nel descrivere una visita alla Conciergerie il custode racconta che “di solito gli inglesi chiedevano di vedere la ghigliottina, il signor Sanson li accontentava e li portava nella vicina rue Albouy, dove c’era un carpentiere. Dentro a un capannone c’era una ghigliottina sempre montata. Dopo che gli stranieri avevano preso posto, la si metteva in moto e si ghigliottinavano alcune balle di fieno.Un giorno, la figlia più giovane di una coppia inglese ha chiesto di essere legata con la cintura, di avere la testa sistemata nella lunetta inferiore e di avere quella superiore abbassata a formare il collare. Solo allora si è dichiarata soddisfatta.”
6 ottobre – Una parte delle catacombe è dedicata alla coltivazione dei funghi. Le donne non vi possono entrare, perché si dice che la presenza di una donna nei giorni in cui è indisposta faccia marcire un’intera piantagione.         
16 novembre – I consiglieri del parlamento avevano l’abitudine di assistere alla messa delle sei di mattina d’estate, delle sette d’inverno. Il giorno del rientro dalle vacanze officiava l’arcivescovo e il parlamento assisteva in abito da cerimonia. Questa messa si chiamava messe rouge. Dopo il 1789 non è più stata celebrata.
19 novembre – La polizia austriaca ha sequestrato una copia di Le Dante a un viaggiatore francese che entrava in Lombardia, in quanto ‘oeuvre pestilentielle de l’ésprit français contemporain’.
1 gennaio 1847 - Ogni anno a Parigi vengono abbattuti una quindicina di  cani colpiti dalla rabbia. Almeno due persone morsicate muoiono.
2 gennaio – Questa notte alle due rientravo lungo il boulevard. C’era la luna piena, faceva freddo, c’erano 6 gradi. I rari passanti che andavano al ballo in maschera o ne ritornavano si affrettavano, con il naso affondato nel cappotto e gli occhi pieni di lacrime a causa della tramontana.
All’angolo di rue Poissonnière c’era un carro pieno di arance, rischiarato da una candela. C’erano tre persone anziane sedute su delle sedie pieghevoli, un uomo e due donne. Erano avvolti da coperte grigie e da stracci di lana a brandelli e pieni di buchi e avevano i cappelli e le cuffie calati sugli occhi. Quei poveretti  sorvegliavano la mercanzia fino al mattino, quando sarebbero arrivati i clienti. Passavano là tutta la notte e dovevano ancora aspettare cinque ore nell’oscurità e nella galaverna. Parlavano fra di loro e non so che cosa dicessero, solo nel momento in cui sono passato accanto a loro ho sentito una delle donne dire: “Tutto ciò che fa il buon Dio è ben fatto.”
29 aprile – La lattuga romana è stata portata in Francia da Rabelais.
10 maggio –  Un sorvegliante delle catacombe mostrava a un curioso due scheletri, uno grande e uno piccolo, conservati in una galleria.
“Questo – diceva, mostrando quello grande – è del famoso pittore Luca Giordano.”
“E questo?” ha chiesto il visitatore.
“Questo è di Giordano quando era piccolo.”
3 dicembre 1848 - Quattordici pallottole hanno colpito il mio portone carraio, undici dall’esterno, tre dall’interno. Un soldato è stato ferito nel mio cortile. Si vede ancora la striscia di sangue sul marciapiede. Alla barriera Rochechouart gli insorti si sono imboscati nel negozio di un parrucchiere detto Bataille. Questo negozio è stato crivellato di proiettili.
Riflessione - Il pericolo, il mistero e la particolarità di oggi è che è un’epoca consegnata a uomini deboli. Guardatevi intorno: l’immensità degli eventi e la violenza delle idee piegano degli uomini deboli. Chi di loro pensa al popolo? Nessuno, nemmeno quelli del partito popolare. Pensano solo a se stessi, mossi dalla vanità, dall’interesse e dall’ambizione. Manifestano solo egoismo, non amore. Provate ad avere un’idea grandiosa e cercate di farla entrare nei loro piccoli cervelli, un’idea amorevole e cercate di introdurla nei loro cuori aridi e rinsecchiti….
Ci sono due socialismi, uno cattivo e uno buono. C’è il socialismo che vuole sostituire lo Stato alle attività spontanee e che, con il pretesto di distribuire il benessere a tutti, toglie loro la libertà. Questo socialismo distrugge la società. C’è poi il socialismo che abolisce la miseria, l’ignoranza, la prostituzione, il carico fiscale, le vendette legalizzate, le disuguaglianze, i legami quali il matrimonio indissolubile… Questo socialismo non distrugge la società, ma la trasfigura…     
                                                 


La Parigi di Proust è quella della rive droite della Senna e della parte occidentale della città. Lo scrittore descrive in termini spregiativi i quartieri che sono lontani da quelli a lui cari. Lo fa ad esempio con Batignolles, zona per lui legata ai malfattori. Lo fa con la Villette, da cui proviene il ‘cattivo ragazzo’ dall’aria compiaciuta, che fa il macellaio. La zona delle Buttes-Chaumont è quella sordida dove Albertine va a ‘fare delle cose’ con i suoi amici di Gomorra. Da parte sua, Swann meriterebbe di meglio del quai d’Orléans, dove vive, purtroppo così vicino alla zona mercantile della Halle aux Vins…. La Parigi amata dallo scrittore è quella dell’aristocrazia, dell’alta borghesia, compresa fra il parc Monceau, place de la Concorde, Auteuil, il Bois de Boulogne e l’Etoile.
    
Gabrielle-Sidonie Colette era arrivata a Parigi a vent’anni, fresca sposa dello scrittore e giornalista Henri Gautier-Villars detto Willy. Sono stati sposati per sei anni, durante i quali il marito ha fatto scrivere a Colette la serie di romanzi di Claudine. Dopo essere stata anche attrice di mimo al Moulin-Rouge e alle Folies-Bergère, Colette ha sposato Henri de Jouvenel, direttore del giornale Le Matin, di cui è diventata  collaboratrice. Sono stati sposati per undici anni ed è stato dopo la separazione che Colette è andata ad abitare al Palais-Royal, in un alloggio umido e dal soffitto basso. Lo ha dovuto lasciare per l’eccessiva umidità, ma è poi tornata a vivere qui sette anni dopo, in un alloggio migliore. Uno dei libri scritti in questa residenza è Paris de ma fenêtre, in cui descrive anche gli anni della guerra. Ma anche altre parti della città, da lei molto amata, sono presenti nelle sue pagine.

Gustave Flaubert non abitava in modo permanente nella capitale – lui viveva a Rouen, in Normandia – ma vi soggiornava per alcuni mesi all’anno, al numero 42 del boulevard du Temple. Vi si trovava anche nel febbraio del 1848, quando sono scoppiati i moti poi descritti nell’Educazione sentimentale. “Uomini dall’eloquenza frenetica arringavano la folla agli angoli delle strade, nelle chiese le campane suonavano a martello; si colava il piombo e si preparavano le cartucce. Gli alberi dei viali, i vespasiani, le panche, le cancellate e i lampioni a gas venivano tutti divelti. La mattina dopo, Parigi era piena di barricate.” Nella capitale Flaubert incontrava George Sand, Gautier e i fratelli Goncourt. Questi ultimi hanno descritto con perfidia una serata con lui. “Con voce muggente e sonora egli ha letto per ore, con un breve intervallo per la cena, il Salambô…” hanno lasciato scritto nel loro Journal. Nel 1869, quando il proprietario gli ha aumentato l’affitto, lo scrittore ha traslocato in rue Murillo, vicino al parc Monceau. E dopo che ha dovuto salvare dal fallimento il marito della nipote Caroline i suoi soggiorni a Parigi si sono fatti più rari, non avendo più rendite.

Nerval è stato forse il più parigino degli scrittori francesi. Per lui, poeta errante e nottambulo, la città era un luogo dove la realtà si mescolava al sogno. Lavorava dove capitava, aveva molte residenze, ma non ne abitava nessuna. Si metteva a scrivere su dei fogli volanti in un qualche caffè e abbandonava le pagine un po’ dappertutto. Gli amici, quando potevano, le raccoglievano. I suoi caffè preferiti erano quelli delle Halles, perché restavano aperti tutta la notte.
                 
Anche Baudelaire, come Nerval, era un poeta che lavorava in strada. Camminando, limava mentalmente le sue composizioni, poi rientrava nella sua dimora del momento  – nel corso della vita ne ha cambiate una cinquantina - e scriveva quello che aveva già ben chiaro in mente. Inoltre, amava lo spettacolo offerto dai passanti, il brusio della folla, la luce dei lampioni a gas. “La vita di Parigi è piena di soggetti poetici, che spesso non vediamo” diceva. Per un periodo ha abitato all’hôtel Pimodan, al numero 17 del quai d’Anjou, sull’isola Saint-Louis. Aveva tappezzato le pareti di tessuti orientali, la stanza era impregnata dell’odore dell’oppio fumato con gli amici. Aveva  assaggiato per la prima volta la ‘pasta verde’, una miscela di hashish, zucchero e aromi, al quinto piano di una casa al numero 3 di place de la Sorbonne. L’esperienza gli aveva dato l’impressione di sentire decuplicata la sua creatività. Nello stesso palazzo abitava anche Théophile  Gautier, fondatore del club degli Haschichin. I suoi membri cercavano ‘l’elettricità intellettuale’. Nei Paradisi artificiali egli ha descritto gli incanti et le torture della droga, che ha nutrito il suo lavoro poetico, ma che lo ha anche portato a una morte precoce.

Seguendo l’itinerario delle sue dimore, si partirebbe da rue Hautefeuille, vicino alla Sorbona, dove è nato. Era stato battezzato a Saint-Sulpice, aveva frequentato il liceo Louis-le-Grand, aveva abitato successivamente in rue Saint-André-des-Arts, in rue du Bac, in rue des Saints-Pères e in molti altri posti. Aveva composto i suoi poemi al caffè Tabourey, vicino all’Odéon, alla Closerie des Lilas o nei viali del Luxembourg. Le sue poesie, raggruppate sotto il titolo di Les Fleurs du mal, sono state condannate per oltraggio alla morale. Baudelaire frequentava anche con assiduità i bar cosmopoliti di rue de Rivoli, dove si impegnava a imparare l’inglese per essere in grado di tradurre Edgar Allan Poe, il suo modello.Anche per Poe, infatti, come per lui, il fantastico era l’essenza stessa del reale.

Per Balzac la città era un labirinto in cui cercare i percorsi da attribuire ai suoi personaggi. La sua rappresentazione della capitale e dei suoi abitanti fa ormai parte del nostro immaginario. È grazie a lui se conosciamo le miserie e le sofferenze, ma anche le cose belle, della Parigi del tempo. Il suo sguardo acuto ci restituisce una città che possiede una grande forza di suggestione. Egli fa un quadro dell’esistenza condotta dalle diverse categorie sociali: i ricchi, i poveri, gli artisti, i commercianti, gli operai, gli avvocati, di cui descrive i bisogni, i costumi, gli eccessi, le depravazioni, i meriti, le mediocrità... “O Parigi, Parigi! Tu sei la vera Babilonia, il vero campo di battaglia delle intelligenze, il vero tempio dove il male ha il suo culto…” scriveva. La sua visione, tuttavia, partiva sempre da un’osservazione meticolosa della realtà, di cui raccontava le contraddizioni. “A forza di interessarsi a tutto, i parigini finiscono per non interessarsi a nulla, prendono tutto con passione per abbandonare ogni cosa altrettanto in fretta. A Parigi nessun sentimento resiste al corso delle cose, la corrente delle novità obbliga a un cambiamento repentino. Tutto è tollerato: il governo, la ghigliottina, la religione... Ma da questa molteplicità di attività e di interessi sempre diversi nascono i miglioramenti giornalieri, i prodigi dell’arte e della scienza.”             
 
Negli anni in cui Balzac scriveva i suoi romanzi Parigi assumeva delle dimensioni gigantesche. La popolazione aumentava a dismisura, gli edifici si moltiplicavano, i primi grandi magazzini aprivano le porte, il mondo della finanza e dell’industria si sviluppava e nasceva la grande industria. Una parte della società veniva tagliata fuori dal cambiamento e si proletarizzava, la grandeur conviveva con la miseria, come ha raccontato Alessandro Dumas nel suo libro I mohicani di Parigi. Un autore che ha raccontato le tristi condizioni di una buona parte della popolazione francese del XIX secolo è Eugène Sue, autore dei ‘Mystères de Paris’. Secondo lo scrittore, la società del suo tempo è incapace di punire i veri criminali e allo stesso tempo di aiutare coloro che sono cresciuti in un contesto di miseria senza riuscire a uscirne. Gli uomini di potere, i banchieri, i notai sono dediti sono al proprio guadagno e rappresentano un ostacolo per l’avanzamento delle classi inferiori. In certi quartieri le strade sono completamente buie, piene di  locali malfamati frequentati da personaggi come lo Chourineur, l’accoltellatore…

In questo periodo compare anche il romanzo poliziesco, nel quale viene rivelato il volto pericoloso della città. Lo stesso Balzac, in ‘Une tenebreuse affaire’, racconta un misterioso complotto, le inverosimiglianze della situazione, la verità solo apparente e descrive anche come gli agenti entrino senza rispetto nella vita privata delle persone. In ‘Ferragus’, scritto nel 1833, lo scrittore attribuisce a ogni via una qualità umana. Così ci sono le vie disonorate, quelle infami, quelle rispettabili, quelle laboriose, quelle commerciali, quelle assassine, quelle sempre sporche... La città è “una mostruosa meraviglia, un insieme di macchine e di pensieri in movimento” e il momento più emozionante è quello del risveglio, quando le porte girano sui cardini e a poco a poco il movimento si comunica alla strada. A mezzogiorno tutto è vivo, i camini fumano, le mille zampe del mostro si agitano… Ne ‘La fille aux yeux d’or’ Balzac descrive il tipo di vita e i rapporti delle diverse classi sociali della capitale. Parigi è come un grande campo scosso da una tempesta di interessi, dove si agita una messe di uomini che al posto dei visi hanno delle maschere su cui sono dipinte la forza, la miseria, la gioia, la fragilità, l’ipocrisia, l’avidità… E’ la città che deforma i suoi abitanti, ne modifica il ritmo delle esistenze… La città è come “un inferno dove tutto fuma, tutto brucia, tutto brilla, tutto ribolle, tutto arde, evapora, si spegne, si riaccende, scintilla, scoppietta e si consuma…”.

Emile Zola diceva di volersi collocare fra Balzac e Victor Hugo, due scrittori che sembravano già aver detto tutto. Per questo lui, per differenziarsi, doveva trovare un nuovo campo di investigazione. Lo ha fatto attraverso la storia di una famiglia, quella dei Rougon Macquart, sotto il Secondo Impero. In questo ciclo di venti romanzi c’è anche la storia sociale della capitale, con la corruzione, le mire di potere, la repressione delle persone umili e di quelle che si ribellano alla tirannia... La Parigi in cui viveva Zola era quella dei grandi lavori di Haussmann, dello sconvolgimento delle grandi arterie, ma anche del confronto violento delle classi sociali. In questo periodo si cominciava a parlare del popolo delle periferie, degli operai delle fabbriche, prima ignorati. I libri di Zola hanno una pretesa scientifica, egli studia la capitale come se questa fosse un essere vivente, dei cui organi esaminare le funzioni. Il Ventre di Parigi, terzo romanzo del ciclo, è una metafora per descrivere la società. L’azione si svolge al mercato delle Halles, raffigurato come un luogo mostruoso dove non esistono né empatia né compassione, ma solo gelosia, diffidenza, intrighi e meschinità.

Un autore che ha descritto i quartieri attraenti ma anche quelli più disagiati e i bassifondi della città è stato Huysmans. È stato un pellegrino infaticabile del Quartiere latino, delle zone pittoresche di rue Mouffetard e dei Gobelins ma ne ha anche visitato gli squallidi tuguri in compagnia di una guardia del corpo. Nei giorni di pioggia faceva sosta al Café Anglais di rue de Rivoli e ne godeva l’atmosfera. Huysmans era sensibile alla magia dei luoghi ed era portato all’esaltazione dello spirito. Visitava le case chiuse, affascinato dalle meretrici e visitava le chiese, nel cui silenzio meditava. Ha passato la vita a impregnarsi di tutte le passioni, sacre e profane, per poi trasmetterle nei libri con il suo marcato tono descrittivo.     

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