Una città in continuo rinnovamento - Parigi Controcorrente 2020

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Parigi è uno spazio pieno di suoni, di forme e di colori, un luogo vario e movimentato, una città composta di tante parti, nella quale si incrociano gli avvenimenti che formano la sua storia e la sua singolarità. È una città austeramente antica e bizzarramente giovane, con il culto del passato ma proiettata verso il futuro. Affascina chi la vede per la prima volta e chi vi ritorna, così piena di imprevisti com’è. È armoniosa malgrado le discordanze, è una grande metropoli nelle avenue e una città di provincia nelle viuzze lastricate, un centro di avvenimenti di risonanza mondiale e una città dove la folla fa circolo per ascoltare un menestrello per strada, è un faro intellettuale del mondo ma anche una città gaudente. È la città della moltitudine cosmopolita e delle mode costose, è signorile e casalinga allo stesso tempo. È bella d’estate e anche d’inverno. Sotto il cielo grigio e con gli alberi senza foglie se ne può ammirare la nobile architettura, dopo la pioggia si possono ammirare i lampioni bagnati brillanti nella pallida luce perlacea.

Come ogni città millenaria, Parigi è a strati, come una cipolla. Il suo ‘bulbo’ è sulla Senna, dove si trovano il Palazzo di Giustizia, la cattedrale di Notre-Dame, l’Hôtel-Dieu e il mercato dei fiori. Sui vecchi tracciati delle mura di cinta - quelle di Carlo V, di Luigi XIII e dei Fermiers generaux – oggi ci sono i grandi viali. Le sue vestigia hanno sfidato i secoli e sono giunte sino a noi per parlarci di un modo di vivere ormai scomparso, per rievocare una vita oggi celata, ma che era pulsante, con le sue gioie e le sue tragedie, pubbliche e private. E davanti agli occhi di chi sa leggere la geografia del passato si svela una memoria segreta, erede di un passato millenario. Quando si percorre ad esempio rue Mouffetard si sta in realtà calpestando una vecchia via romana e quando si cammina nella square des Innocents si sta attraversando l’area di un vecchio cimitero abbandonato. Quando si passeggia nel Bois de Boulogne e si incontra una strana costruzione è bene sapere che si tratta di un fortino militare, quando si procede lungo rue Enault-Pelterie con i fori nel muro è bene sapere che sono quelli dei proiettili sparati durante la liberazione di Parigi nel 1944 al ministero degli Affari esteri.

In questo modo, nella mente del visitatore si disegna un’immagine diversa, si percepisce il profilo nascosto di un quartiere, si può immaginare il destino di chi ha vissuto in un certo palazzo o ha frequentato un certo caffè… Egli può mettere i suoi passi in quelli dei parigini di un tempo, per ricostruire la loro vita nella sua mente. Questo lo porterà a scoprire dei costumi bizzarri o crudeli, dei divertimenti stravaganti e volgari. Si troverà a camminare in zone che in passato erano fuori dal controllo della legge, luoghi malfamati abitati da malviventi. Erano le corti dei miracoli, dove si ammucchiavano migliaia di persone con propri capi e proprie leggi, molto diverse da quelle del resto della società. Potrà raggiungere uno dei sette colli, scegliendo Montmartre o Montparnasse, Montsouris o Ménilmontant, la colline de Chaillot, la Butte-aux.Cailles o il Champ-l’Evêque.

E quando è stanco, si può sedere a uno dei tavolini allineati sui marciapiedi dinanzi ai caffè.  Non si rinuncia mai a vivere per strada, dove ci si incontra per discutere, anche con il freddo. Per questo anche i negozi hanno i banchi per strada, con la frutta, la verdura, gli scampoli di stoffa o i libri d’occasione. Se ama le ostriche, il visitatore può fermarsi alla bancarella di uno dei venditori che, con il berretto di lana in testa, il naso rosso dal freddo e le mani intirizzite, gliele servirà senza perdere la sua verve…
Una figura molto legata a Parigi è quella del flâneur. La parola è stata introdotta da Baudelaire per indicare un gentiluomo che vaga per le vie cittadine provando emozioni nell’osservare il paesaggio. Il poeta definiva “botanico del marciapiede” chi, come lui, era un profondo conoscitore del tessuto urbano della capitale. In questo modo la parola flânerie è rimasta legata alla città. E anche se oggi il ritmo della vita è frenetico c’è ancora chi ama camminare in mezzo alla moltitudine che corre, avendo come unica regola quella di sfuggire al prevedibile per andare alla ricerca di una impasse sconosciuta, di un chiostro, di un palazzo un po’ nascosto, di un atelier d’artista, di un piccolo museo, di un’iscrizione particolare, di un giardino fiorito, di un cortile lastricato, di una vecchia insegna…


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